NELL’ALLESTIMENTO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, PER TRE SERATE SI Ѐ CELEBRATA LA “MESSA MUSICAL” CHE INAUGURÒ IL KENNEDY CENTER NEL 1971
Misticismo, celebrazione, dubbio, unione, abbattimento delle diversità e dei muri che stanno dividendo il mondo e i suoi abitanti. Questo e molto altro è trapelato nell'allestimento del Teatro dell'Opera di Roma di Mass, l'opera commissionata da Jaqueline Kennedy per l'inaugurazione del Kennedy Center di Washington DC nel 1971.
L'opera fu composta dal grande Maestro Leonard Bernstein che a testi originali della liturgia latina aggiunse sue proprie liriche, integrate da altre scritte da un giovane Stephen Schwartz, non ancora divenuto quel celebre compositore di musical che tutti oggi conosciamo. La partitura di Bernstein può essere considerata un vero e proprio capolavoro per la puntuale scelta di ogni nota che esprime sensazioni e profonde emozioni più che se fossero parole. La sua capacità di "parlare" con le note è ben nota e in questo caso, con l'aggiunta della misticità dell'argomento, raggiunge una sublimazione che senza ombra di dubbio lo pone sul podio più alto tra tutti i compositori del '900. La sua arte nel miscelare in quest'opera la musica classica, nel più stretto significato del termine, con il rock fine anni '60, il jazz, la polifonia e chiari riferimenti al musical più nobile, è indiscutibile. Certamente si può affermare che, anche se non gliene è stato dato merito, aprì la strada ai suoi collaboratori Stephen Schwartz, Stephen Sondheim e altri, nello scrivere le più importanti pagine del musical "serio" americano degli anni successivi.
Questa opera fu scritta in un periodo storico in cui erano ancora ben risuonanti gli echi della contestazione giovanile del '68 e non si erano ancora spente le polemiche sulla guerra in Vietnam (si sono effettivamente mai spente?) mentre dall'altra parte dell'oceano due giovani chiamati Andrew Lloyd Webber e Tim Rice stavano componendo un ancora diverso concetto di religiosità nel musical Jesus Christ Superstar. Queste due pur completamente differenti opere musicali testimoniano quanto fossero sentiti in quel periodo i sentimenti di ribellione e di dubbio. Una ribellione ad un cattolicesimo di troppo strette vedute e un crescente dubbio sulla effettiva rilevanza di una fede imposta e non così tollerante come si voleva far credere. Queste sensazioni sono i concetti imprescindibili di Mass, in cui lo stesso Celebrant, il protagonista magistralmente interpretato da Markus Werba, si trova a contestare le imposizioni di una chiesa retrograda e poco aperta alle diversità. La rabbia e la protesta espresse dal popolo sono qui rappresentate dall'ensemble degli Street People Chorus a volte gioiosi, a volte imperiosi ma sempre presenti nel chiedere la pace, e a chiederla ora.
Con imponenti macchinari, come ci si trovasse in un vero cantiere, viene costruito in scena un opprimente muro a rappresentare tutti quei muri che la politica e le religioni hanno costruito e continuano a costruire in varie parti del mondo. Quell'enorme parallelepipedo grigio sta li anche a simboleggiare quei muri che giornalmente vengono insinuati nelle menti delle masse creando quelle insidiose divisioni che generalmente partoriscono solamente odio per il prossimo. È chiaramente evidente la messa a nudo dell'ipocrisia della religione che predica pace e unione ma di fatto divide. Ed è decisamente drammatico il momento in cui su questo allestimento vengono proiettati i nomi di tanti muri costruiti o ancora in costruzione con a seguire una impressionante serie di scritte omofobe, razziste, discriminatorie a cui siamo ormai purtroppo tristemente abituati.
L'allestimento creato nella splendida cornice delle Terme di Caracalla che torna ad accogliere il pubblico dopo la pausa pandemica, è come sempre grandioso e spettacolare. La regia di Damiano Michieletto attualizza in maniera essenziale lo spirito originale dell'opera senza cedere a possibili banalizzazioni. Con l'aiuto delle coreografie curate da Sasha Riva e Simone Repele, sapientemente dosate tra classico e moderno, sulla grande scena non c'è un attimo di vuoto anche nei momenti in cui ci sono solamente i due ballerini solisti.
E basiche sono anche le scenografie curate da Paolo Fantin. La serie di tavoli in una delle prime scene suggerisce evidenti riferimenti all'ultima cena diventando poi un banchetto di matrimonio. Il carico dei singoli mattoni rappresenta subdolamente l'inizio dal basso delle piccole insinuazioni che portano poi a creare discriminazioni e divisioni. Le piramidi di plastica nera rappresentano l'inquinamento e la distruzione del pianeta nell'indifferenza generale. Tutti artefatti di una semplicità disarmante ma carichi di un ben evidente simbolismo.
Quando Bernstein scrisse quest'opera fu duramente criticato e certo non avrebbe mai pensato che a poco più di 50 anni dopo la sua prima rappresentazione, sarebbe stata di ancora così scottante attualità. Anzi, sembra carica di una rilevante preveggenza per come sia molto più attuale oggi di quanto non lo fosse nel 1971. Il dubbio della gente comune sull'onestà delle istituzioni è ancora più assodato oggi di allora. Leonard Bernstein utilizzò la fede come mezzo per riportare la pace in un mondo ancora martirizzato dalle guerre ma lo fece in maniera subdola distanziandosi dal cattolicesimo o da qualunque altro credo. Nella scena finale il Celebrant è ormai in abiti civili e si rivolge direttamente al Padre celeste per far tornare la pace. È l'evidente segno della sfiducia nelle religioni organizzate ma non nella divinità superiore a cui l'essere umano si rivolge nei momenti di disperazione.
Alla riuscita di questa messa in scena di Mass hanno profondamente contribuito tutti gli ensemble coinvolti. L'orchestra del Teatro dell'Opera diretta in maniera impeccabile dal Maestro Diego Matheuz ha eseguito questa difficile partitura con una professionalità non indifferente. Ottimi sia il coro del Teatro dell'Opera che quello di voci bianche diretti da Roberto Gabbiani. Perfettamente in sintonia il corpo di ballo, con i suoi solisti, affiancati dal gruppo esterno degli Street People Chorus che con le già citate sapienti e originali coreografie hanno creato dei quadri scenici veramente accattivanti.
TEATRO DELL'OPERA DI ROMA
Presenta
MASS
MUSICA di Leonard Bernstein
TESTO di Leonard Bernstein
TESTI AGGIUNTI di Stephen Schwartz
DIRETTORE DIEGO MATHEUZ
REGIA DAMIANO MICHIELETTO
MAESTRO DEL CORO ROBERTO GABBIANI
COREOGRAFIA SASHA RIVA E SIMONE REPELE
SCENE PAOLO FANTIN
COSTUMI CARLA TETI
LUCI ALESSANDRO CARLETTI
VIDEO FILIPPO ROSSI
Cast
IL CELEBRANTE MARKUS WERBA
Solisti
Marianna Mappa - Irene Savignano - Arturo Espinosa
Alessandro Della Morte - Angelo Giordano
STREET PEOPLE CHORUS
Gea Andreotti - Gianluca Cavagna - Francesco Cazzolla - Martina Cenere
Elisa Dal Corso - Giovanni De Filippi - Luca GiacomelliFerrarini
Natascia Fonzetti - Alice Grasso - Mary La Targia - Francesco Marino
Clara Maselli - Alice Mistroni - Michelangelo Nari - Martina Peruzzi
Brunella Platania - Cristian Ruiz - Myriam Somma - Gianluca Sticcotti -
Roberto Tarsi - Giuseppe Verzicco
ORCHESTRA, CORO E CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL'OPERA DI ROMA
con la partecipazione di "Fabbrica" Young Artist Program e della Scuola di Canto Corale del Teatro dell'Opera di Roma
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