CHRISTOPHE HONORE' PRESENTA UNA PIECE DI UNA ELEVATA INTENSITA' CULTURALE
Se vi trovate a Parigi entro il 6 aprile e parlate la lingua, al Theatre De La Porte St. Martin è in scena la pièce Les Idoles, scritta nel 2019 da Christophe Honoré, regista, drammaturgo e intellettuale francese noto anche in Italia per il suo film Les Chansons D’Amour per cui vinse il premio per la miglior regia al Festival di Cabourg. La sua opera spazia in molti settori tra cui la letteratura per ragazzi dove affronta tematiche come l’AIDS, il suicidio, l’incesto e altri scottanti temi difficilmente trattati al di fuori della letteratura per adulti.
Les Idoles è una pièce forte, intensa e anche divertente che affronta lo stigma dell’AIDS che colpì fortemente la Francia soprattutto negli anni dal 1985 al 1995 mietendo illustri vittime nel campo dell’arte e della cultura di quell’epoca.
L’autore allora era negli anni della sua formazione scolastica e universitaria e i suoi idoli erano i più grandi uomini di cultura di cui divorava le opere: nel suo testo ne rievoca sei tra i più rilevanti: il cineasta Cyril Collard, regista del film Les Nuits Fauves (Notti Selvagge 1992) con cui vinse 4 César del cinema francese senza poterli ritirare perché morì tre giorni prima della cerimonia. Serge Daney, noto giornalista e critico cinematografico: Jacques Demy altro famoso cineasta francese (Les Parapluies De Cherbourg tra i suoi film più conosciuti) che decise di non rivelare mai la sua omosessualità: Hervé Guibert, scrittore e giornalista fu tra i primi ad ammettere di aver contratto l’AIDS in una trasmissione televisiva in prima serata: Bernard Marie Koltès un drammaturgo che ha lasciato un segno importantissimo nella cultura francese e Jean Luc Lagarce anche lui drammaturgo, regista teatrale e attore.
Nel testo, Christophe Honoré fa incontrare questi sei personaggi come in un purgatorio, in una sala teatro dei sottosuoli del Centro Pompidou, dove i sei si affrontano, raccontano le loro esperienze con la malattia, con le loro personali decisioni di aver voluto o no fare coming out, di cosa avrebbero potuto fare se la malattia non li avesse stroncati. Ne deriva un inno alla vita e a tutto quello che ognuno avrebbe potuto godersi o fare se il virus non li avesse uccisi. L’autore restituisce loro quella dignità che la società gli aveva tolto per chiusura mentale e stigmatizzazione. Di grande effetto la scena in cui Cyril Collard chiede la possibilità di poter vivere quella cerimonia di premiazione a cui non poté partecipare. L’attore che lo interpreta sceglie una persona del pubblico, la fa salire in scena consegnandole un foglio con le nomination mentre lui si siede in platea al suo posto. Quando l’ignara spettatrice legge il suo nome, come in tutte le premiazioni che si rispettino, si alza, bacia i suoi vicini, sale sul palco per ritirare il premio e pronunciare quel discorso di ringraziamento che non poté mai dare. E così anche gli altri raccontano episodi, sogni, desideri come Bernard Marie Koltés che avrebbe voluto incontrare John Travolta o Jacques Demy che, segretamente bisessuale, rimase sposato con Agnès Varda che solamente dopo 18 anni dalla sua scomparsa rivelò che morì di AIDS e non di cancro come fu dichiarato all’epoca.
Coraggioso, ma non sorprendente che Honoré abbia deciso di far interpretare due di questi sei uomini da due attrici: Marina Foïs interpreta Hervé Guibert, ruolo per cui ha ricevuto il Molière per la migliore interpretazione. Marlène Saldana interpreta Jacques Demy, seminuda e nascosta in una vistosa pelliccia di visone a simbolizzare la prorompente ma nascosta sensualità di un personaggio che ha vissuto tutta la sua vita in the closet. Harrison Arévalo è un sensuale e scanzonato Cyril Collard. Jean Charles Clichet ha il ruolo dell’impacciato Serge Daney. Julien Honoré, fratello dell’autore e noto attore di cinema e teatro, riprende il ruolo di Jean Luc Lagarge. Il 23enne Paul Kircher riprende il ruolo di Bernard Marie Koltès a cui somiglia in modo impressionante. Questi sei interpreti creano un sodalizio recitativo di altissimo livello anche se a tratti disturba leggermente il passaggio dall’uso alternato dei microfoni a filo (siamo negli anni ’80) a quando parlano senza microfono.
Se l’Italia sarà ricordata nella storia futura come il paese europeo più colpito dal Covid, la Francia è quello che lo è stato maggiormente dall’AIDS. Una intera generazione di artisti e intellettuali fu cancellata dall’epidemia lasciando le generazioni che seguirono orfane di figure essenziali per potersi costruire una corazza culturale indispensabile a salvaguardare le conquiste raggiunte con enormi sacrifici. Quelle lotte ma soprattutto i risultati ottenuti con le proteste degli anni ’60 e ’70 furono indebolite dall’epidemia lasciando intere generazioni inermi e incapaci di arginare quella recrudescenza di discriminazione e omofobia che si è ricreata negli anni seguenti. All’inizio della pièce il personaggio di Cyril Collard afferma:
“L’estrema destra è un virus come l’AIDS. Contamina, si insinua, attacca il sistema immunitario della società.
Indebolisce le nostre difese e dopo non ci si deve stupire che ci si beva tutte le stronzate che ci passano. Nessuno ne è escluso. Il nostro sangue infetto era l’arma giusta contro il fascismo.”
Parole forti, dure scritte appositamente per farci riflettere ... e molto.
Soprattutto farci riflettere in fretta.
LES IDOLES
Scritto e diretto da Christophe Honoré
Scenografia Alban Vo Han
Luci Dominique Brugière e Pierre Gailladort
Costumi Maxime Rapaz
Assistente alla regia Christèle Ortu
Assistente alla drammaturgia Thimotée Picard
Cast
Harrison Arévalo – Cyril Collard
Jean-Charles Clichet – Serge Daney
Marina Foïs – Hervé Guibert
Julien Honoré – Jean Luc Lagarge
Paul Kircher - Bernard Marie Koltès
Marlène Saldana – Jacques Demy
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