UNA DRAMMATURGIA SUL DIFFICILE RAPPORTO TRA MADRE E FIGLIA CON UN ATTENTO ESAME DEI RAPPORTI FAMILIARI
Al Teatro Trastevere, un luogo di cultura storico del più famoso quartiere della capitale, lasciato purtroppo un po' in decadenza, è andato in scena Io ed Elena, una drammaturgia di Donatella Busini che ne interpreta uno dei due ruoli, quello della madre. L'attrice e drammaturga ha affidato la regia del suo testo a Mauro Toscanelli con l'aiuto di Francesco Maggi.
Con evidenti riferimenti a opere di Tennesse Williams, viene sviscerato un rapporto estremamente complicato tra una madre ed una figlia affetta da una malattia mentale. Dopo un periodo in una struttura medica, la giovane affetta da una follia latente ma non debilitante, è sufficientemente lucida da poter affrontare la vita di tutti i giorni pur con i dovuti medicamenti. Giovanna, la madre, è combattuta dall'amore per il frutto del suo grembo e la perduta libertà che la presenza della figlia le provoca. Questo e l'avanzare degli anni la porta a delle scelte poco felici, come il dating on line da cui riceve solo pesanti delusioni. Sarà la figlia a ribaltare la situazione divenendo a sua volta la soluzione per i problemi della madre in uno scambio di amore dal quale non si può prescindere nonostante le difficoltà che ne nascono.
Il testo di Donatella Busini è ben scritto, intenso, (pur con qualche espressione poco spontanea) e va a toccare l'intimità dell'animo delle due donne da due punti di vista diametralmente opposti eppure vicinissimi. Le diverse solitudini affrontate dalle due donne sfociano in diversi atteggiamenti: la figlia si affida alla sua amica immaginaria Blanche, rappresentata da un fantoccio dal viso femminile e dai lunghi capelli biondi che lei pettina con amore: un classico surrogato materno in cui cercare quell'amore non esternato dalla vera madre. Giovanna invece cerca nell'uomo, nel possibile amante-sperato-compagno, la soluzione agli anni che passano, il suo bisogno di appoggiarsi su qualcun altro. Le proiezioni delle due donne di cercare la soluzione sull'esterno invece nel loro io interiore non fa altro che dimostrare le pecche di una società che vuole la donna realizzata solo se ha un compagno da servire e a cui riferirsi. Donatella Busini si approccia con coraggio a questo stereotipo pur non fornendo nel finale una possibile rivincita per la reale difficoltà di uscire da retaggi ancora troppo fortemente radicati nella nostra società. Il sottile filo che lega madre e figlia viene a in fondo dimostrare che per quanto si cerchi di staccarsi dal cordone ombelicale e crearsi una propria vita, somigliamo ai nostri genitori molto più di quanto non vogliamo ammettere.
La messa in scena di questo lavoro risulta tuttavia non completamente efficace. Le due interpreti hanno retto le loro interpretazioni con fierezza e sagacia, lasciando però poca convinzione soprattutto nella prima parte. Sia Donatella Busini che Ornella Lorenzano (nel ruolo della figlia Elena), recitano un po' troppo sopra le righe con una vocalità non sufficientemente spontanea. La prova ne è poi venuta in due precisi momenti. In due differenti occasioni sia madre che figlia "recitano" una all'altra un breve monologo salendo in piedi su un piccolo sgabello rosso. In queste performance nella performance, entrambe hanno dimostrato una notevole naturalezza provando appieno le capacità recitative delle due interpreti con una bella spontaneità. È risultato strano, una volta scese da quello sgabello, vederle riprendere una recitazione senza quella stessa spontaneità. Ad avviso dello scrivente si sarebbe più apprezzata naturalezza e spontaneità durante la pièce ed una "recitazione" in quei due momenti. In particolare la vocalità della Lorenzano, stridente e troppo acuta durante la pièce, sicuramente voluta per acuire la follia del suo personaggio, è risultata eccessiva. L'evidente scelta registica di accentuare queste sfumature ha tolto spessore sia alle interpretazioni che ad un testo vigoroso che ha ricevuto diversi riconoscimenti: vincitore ai concorsi letterari Anima Mundi 2020 e Lago gerundo 2020, finalista al Concorso letterario Ernesto Calindri 2020 - sezione Donna, menzione al merito al Teatro dei Marsi di Avezzano.
La pièce si avvale delle scenografie essenziali ma efficaci dello stesso Mauro Toscanelli che ha curato anche la buona drammaturgia musicale. Le luci sono di Francesco Bàrbera, i bei costumi di Emanule Zito e Claudio Giovannelli.
IPAZIA PRODUCTION
Presenta
IO ED ELENA
di Donatella Busini
regia
Mauro Toscanelli
Luci
Francesco Bàrbera
Drammaturgia musicale
Mauro Toscanelli
Scene
Mauro Toscanelli
Costumi
Emanuele Zito
Claudio Giovannelli
Aiuto Regia
Francesco Maggi
Ufficio Stampa
Andrea Cavazzini Francesca Siciliano
Cast con
Cast
Donatella Busini - Giovanna (la madre)
Ornella Lorenzano - Elena (la figlia)
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