QUANDO IL TEATRO È PER MOLTI MA NON PER TUTTI. IN SCENA FINO AL 3 NOVEMBRE E POI IN TOUR
Al Teatro Quirino di Roma ha debuttato una nuova versione teatrale di 1984, il celeberrimo romanzo di George Orwell, originariamente pubblicato nel 1949 e presentato in un meticoloso adattamento curato da Robert Icke e Duncan MacMillan.
Giancarlo Nicoletti ne ha curato la traduzione in italiano.
La strabiliante attualità di questo testo fa sempre pensare a come sia possibile che 75 anni fa qualcuno abbia potuto descrivere così dettagliatamente la nostra società odierna. È una domanda che chiunque abbia mai letto questo capolavoro della letteratura si deve essere posto. O almeno si spera.
Lo scrivente si chiede infatti quanti dei circa 800 presenti al Teatro Quirino lo abbia effettivamente letto. La consueta voce fuori scena che generalmente prima all’inizio di una rappresentazione annuncia il divieto di scattare foto e di spegnere i cellulari, consiglia di scannerizzare il QR code distribuito all'ingresso per informarsi sul testo e sullo spettacolo per meglio seguirlo. Non molti devono averlo fatto. Captare alla fine dello spettacolo alcuni commenti decisamente banali fa capire quanto sia reale la previsione di George Orwell sulle elite che coltivano l’ignoranza delle masse per meglio controllarle attraverso la manipolazione del passato. Nulla di nuovo nella nostra società attuale, ma alcune frasi pronunciate durante questo spettacolo dovrebbero e devono far aprire occhi e orecchie proprio a quelle masse che si crogiolano tra reality e social lasciando la loro vita nelle mani di pochi maligni. Soprattutto senza minimamente accorgersene.
La messa in scena di un testo così complicato poteva facilmente cadere nello scontato. Non è assolutamente stato così. Giancarlo Nicoletti ha diretto i suoi attori e tutta la produzione con una meticolosa attenzione ad ogni parola, ad ogni gesto, ad ogni particolare, ottenendo una tensione che ha tenuto molti dei presenti attaccati ai braccioli delle poltrone senza poter o voler perdere una sola battuta. Una regia quasi cinematografica ma nel miglior senso del termine. Andare a teatro e uscirne con la sensazione di aver visto un film significa aver visto un lavoro con una tecnica ed una precisione veramente impeccabili. I tempi, le luci, le incredibili scenografie di Alessandro Chiti essenziali e al tempo stesso altamente impattanti (uno dei suoi marchi di fabbrica) hanno contribuito a rendere così interessante questa versione da veramente superare le frontiere del teatro più classico senza però tradirlo. L’uso delle telecamere in diretta è stato infatti molto ben dosato e non ha alterato la rappresentazione teatrale.
Questo spettacolo ha avuto una lunga gestazione nella scorsa stagione con rappresentazioni in molti teatri in giro per l’Italia per presentarsi a questa prima romana perfettamente rodato. Oltre all’ottimo team tecnico, il team artistico ha dimostrato un vigoroso affiatamento che ha dato alla loro recitazione un tempismo non sempre facile da raggiungere. Strepitoso Ninni Bruschetta, perfetto fino alla minima inflessione. Altrettanto dicasi per Woody Neri qui alla sua definitiva consacrazione che si attendeva da tempo. Notevole la credibilità con cui sostiene la dura scena della tortura con un non comune realismo. L’attore è coadiuvato in maniera nodale da Violante Placido e i due formano un’accoppiata veramente ben affiatata.
I tre protagonisti non avrebbero avuto la stessa rilevanza senza il resto del cast che anche qui, con una precisione quasi matematica li hanno sostenuti e affiancati nelle scene comuni. Brunella Platania ha inoltre deliziato con la sua voce nel ruolo della Sig.ra Parson nella famosa scena dei panni stesi. Silvio Laviano, Salvatore Rancatore, Tommaso Paolucci, Gianluigi Rodrigues e Chiara Sacco completano questo cast che ha meritato in pieno i lunghi applausi al termine della rappresentazione.
Presentato in unico atto (un intervallo ne avrebbe ucciso la tensione) questo 1984 è shoccante al pari del romanzo da cui è tratto: quando Winston Smith, sanguinante e sotto tortura si rivolge direttamente al pubblico in sala urlandogli “E voi che state a fare li seduti!”, in quella frase c’è tutta la sofferenza delle vittime di tutte le guerre e repressioni di cui siamo abituati a vedere la fine su uno schermo come fosse un qualunque banale reality, restando completamente indifferenti e comodamente seduti. I riferimenti al “partito” e al “grande fratello” non hanno certamente bisogno di ulteriori delucidazioni se non in maniera totalmente denigratoria.
Riuscirà nuovamente la potenza di questo romanzo e ora di questo spettacolo a risvegliare quegli animi addormentati e crogiolanti nell’ignoranza? Le 14 rappresentazioni previste al Quirino e la successiva tournée dei prossimi due mesi forse non saranno sufficienti ma l’eco che ne dovrebbe scaturire speriamo possa aiutare.
Federica Luna Vincenti
per Goldenart Production
presenta
1984
adattamento di Robert Icke e Duncan MacMillan
traduzione Giancarlo Nicoletti
regia Giancarlo Nicoletti
scene Alessandro Chiti
musiche Oragravity
costumi Paola Marchesin
disegno video Alessandro Papa
disegno luci Giuseppe Filipponio
Cast
Violante Placido
Ninni Bruschetta
Woody Neri
Silvio Laviano,
Brunella Platania
Salvatore Rancatore
Tommaso Paolucci
Gianluigi Rodrigues
Chiara Sacco
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