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Interview: STEFANIA PATERNO' - BRICIOLE al TEATRO ARISTON Di GAETA

L'attrice si apre in una intervista molto profonda mettendo a nudo drammi e problemi di una società che non rispetta le donne.

By: Nov. 26, 2023
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Incontriamo Stefania Paternò, un’artista poliedrica che si muove tra il musical, la commedia e pièce impegnate ma da sempre in prima linea sui temi della condizione della donna nella nostra società. Con il suo spettacolo Briciole, sarà in scena per denunciare la tossicità di certi comportamenti nella nostra società.

D: Buongiorno Stefania e grazie per averci accordato il tuo prezioso tempo per parlarci di Briciole, uno spettacolo che affronta un grosso problema nella nostra società odierna, le relazioni tossiche e in particolare il narcisismo patologico. Parlaci di come è nato questo spettacolo, dei motivi che ti hanno spinto a voler far sentire la tua voce su questo argomento:

R: Era un periodo molto difficile della mia vita, ero stata lasciata, di nuovo, sempre con le stesse modalità, un altro fallimento sentimentale, ancora quella terribile sensazione di essere stata abbandonata, ero confusa, cercavo delle spiegazioni logiche, delle motivazioni plausibili a cui aggrapparmi per capire, per soffrire di meno, ma non riuscivo a trovarle, sentivo di aver perso la parte più bella di me, non riuscivo a razionalizzare l’accaduto, la fine di una storia è sempre molto dolorosa, ma in questo caso, per l’ennesima volta sapevo che c’era qualcosa di più, il modo come ero stata lasciata era stato così imprevedibile, così tossico, così fortemente illogico, c’era qualcosa di sbagliato in tutta questa storia, non solo per come era finita, ma anche e soprattutto per come era cominciata e per il risvolto che aveva preso. Così cominciai a scrivere, dovevo trasformare il mio dolore in qualcosa di costruttivo e soprattutto sapevo che aiutando me stessa avrei aiutato anche tutte quelle persone intrappolate in rapporti tossici. Volevo parlare di manipolazione, di abbandono, di violenza fisica e psicologica. Perché bisogna assolutamente parlare di questi argomenti, perché vivere all’interno di un rapporto tossico non è vita, perché i danni (spesso sottovalutati) che lascia la fine di un rapporto del genere sono gravissimi, e spesso non si riesce nemmeno a chiedere aiuto. Mi sono voluta focalizzare sul narcisismo patologico, perché le mie esperienze ruotavano sempre intorno a figure di questo tipo, a soggetti anche solo con sfumature di questa patologia, non solo nei rapporti sentimentali, ma anche in amicizia e nell’ambito lavorativo. Scoprire che si tratta di una vera e propria patologia contenuta nel DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) ha indubbiamente accelerato la mia guarigione, perché finalmente le mie domande avevano una risposta, tutto ha cominciato ad assumere un aspetto molto più chiaro, ed è qui che ho pensato: se è chiaro per me deve essere chiaro per tutta quella gente confusa, per tutta quella gente inconsapevole o consapevole ma comunque restia ad abbandonare questo tipo di tossicità. Quindi sono vari i motivi che mi hanno  spinto a scrivere Briciole, innanzitutto per far comprendere la gravità e la serietà del narcisismo patologico, descritto come il male del secolo, la causa di molti femminicidi, di violenze, di stupri, di bullismo, lo specchio della nostra società dove non esistono forme di comunicazione ma più di possesso e di totale prevaricazione, per chi soffre di tale patologia l’altro non è un essere umano che ha bisogni, idee, sentimenti, ma solo un oggetto al suo servizio, se è utile lo tiene, in caso contrario lo scarta, ho scritto questo spettacolo anche per sottolineare che i danni della violenza psicologica sono al pari della violenza fisica, siamo abituati a pensare che quest’ultima abbia un peso superiore, non è così, ho voluto dedicare questo spettacolo sia agli uomini che alle donne, perché la violenza non ha un’identità di genere, la violenza è violenza, e infine un altro motivo che mi ha spinto a scrivere questo testo era perché  volevo parlare di noi tutti, dell’importanza del proprio percorso individuale, perché finché non sarai riuscito davvero a comprendere te stesso, la vita ti ripresenterà sempre gli stessi mostri, anche se in forma diversa.

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D: Quindi per scrivere questo spettacolo ti sei basata sui tuoi pensieri e sentimenti personali o hai anche attinto a testimonianze reali?

R: Entrambe le cose, come vi dicevo prima, mi sono basata sia sui miei pensieri e sentimenti, sia su esperienze vissute in prima persona, sia su testimonianze reali di altre persone, ancora intrappolate all’interno di rapporti tossici, o libere ma comunque molto sofferenti e infine mi sono basata anche su spiegazioni e racconti da parte del mio bravissimo psicoterapeuta, il Dottor Luca Traverso, con il quale ho sviscerato molto quest’argomento. Il percorso con il mio psicoterapeuta è stato fondamentale, innanzitutto per capire il perché mi ritrovassi sempre all’interno di storie tossiche, le motivazioni erano profonde, legate alla mia infanzia, alla mia storia, da lì partiva tutto, infatti non basta solo affrontare il fatto in sé, perché sennò una volta libera dalla storia precedente   te ne vai a cercare immediatamente un’altra con caratteristiche similari, creando un loop continuo destinato sempre alla distruzione. Sono convinta che solo facendo un grande lavoro di cambiamento ognuno di noi potrà riuscire a ritrovare la propria integrità e ad entrare in contatto con le proprie ferite, quelle più profonde, affinché nessuno potrà più farci del male. La terapia, se fatta bene, ti porta a scavare dentro di te, aprendo cassetti che non avresti mai toccato, perché devi prima trovare la forza di far emergere ciò che c’è dentro per poi richiuderli. E a quel punto si che sarai pronta per affrontare i tuoi mostri. Mostri che io ho visto per la prima volta da bambina, ed è proprio quella bambina che devo riabbracciare, che devo accudire e tranquillizzare, alla quale devo dare la forza di affrontare questi mostri e farle capire che finché non si darà valore ne incontrerà sempre di nuovi, in tutti gli ambiti, perché continuerà a vedersi attraverso gli occhi del carnefice, pensando di meritare solo quel tipo di amore che poi amore non è, restando così incastrata in dinamiche tossiche per sempre.

D: In un tuo precedente spettacolo avevi già affrontato con profonda ironia il rapporto uomo-donna con la conclusione che per quanto una donna possa sperare di cambiare un uomo, questo nella maggioranza dei casi non succede mai. Ed è proprio nella violenza familiare che spesso la donna resta succube sperando nel pentimento del partner, un pentimento che non viene mai rispettato. Quale sarebbe secondo te il consiglio da dare alle donne che ancora credono di poter “cambiare un uomo violento”?

R: Sono sempre dell’idea che bisognerebbe scappare via e lasciarlo per sempre già dopo il primo schiaffo, o meglio, non si dovrebbe proprio arrivare al primo schiaffo. Questi soggetti violenti potrebbero con una buona terapia risolvere il problema? Forse, ma la vera domanda è: il partner non violento quanto è disposto ad aspettare? Quanto è disposto a ricevere ancora tutta questa merda? Quanto è disposto a ricevere ancora attacchi verbali e fisici? Quindi tornando alla domanda che mi è stata posta, secondo me con un partner aggressivo non aspetterei proprio nulla, chiuderei la storia e buona vita. Ultimamente stiamo sentendo molto parlare del bellissimo film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani” che racconta con estrema cura questa problematica, in questo film che consiglio a tutti di vedere, sono racchiusi messaggi profondi e importanti che tutti dovremmo conoscere, legandomi al film voglio concludere dicendo: non importa quanto tu possa cambiare un uomo violento, non spetta a te farlo, non è compito tuo, attua tu un cambiamento per avere la forza di chiudere una storia con un uomo del genere e chiedi aiuto. A quel punto dovrebbe intervenire la giustizia per la tutela di queste donne che hanno avuto il coraggio di scappare, denunciare e rifarsi una vita, eppure non è così, ancora casi di femminicidio, tutti i giorni, sia di donne uccise dai loro compagni violenti, sia di donne uccise dai loro ex compagni, quando finirà tutto questo?  

D: Difatto la nostra società certamente non aiuta la donna, né dal punto di vista umano, né da quello legale. Leggiamo sempre più spesso di donne uccise nonostante avessero denunciato il partner, ma la giustizia non fa il suo corso e per questo molte non denunciano: l’affossamento del DDL ZAN da parte di una politica becera che lo ha relegato da una “legge per i gay” senza considerare che contenesse norme contro la misoginia e il disabilismo, è stata un’occasione persa per rafforzare le difese contro i crimini d’odio. Senza entrare in discorsi politici che qui sarebbero fuori luogo, ci sono speranze per interrompere questa catena di odio e di discriminazione?

R: La speranza esiste e ci sarà sempre, ma senza alcun dubbio ci vorrà molto tempo per interrompere questa catena di odio e di discriminazione, l’orrore è molto presente nella nostra società, la violenza è all’ordine del giorno, e l’incitamento all’odio è molto diffuso, soprattutto su internet e i social media e non si vede un miglioramento, anzi al contrario si peggiora giorno dopo giorno. Siamo lo specchio del nostro governo che gestisce il tutto attraverso una politica becera e arrivista. Voglio solo ricordare lo spettacolo pietoso al quale abbiamo dovuto assistere in Senato alla notizia dell’affossamento del Ddl Zan, abbiamo visto più volte situazioni in Senato raccappricianti, abbiamo visto risse, sceneggiate, di tutto, ma credo che questo sia stato lo spettacolo peggiore a cui abbiamo mai assistito, perché una parte del paese si sente discriminata, chiede una tutela, quindi sottolinea una condizione di fragilità, la sconfitta di queste persone, quindi di noi tutti, perché appunto riguarda tutti noi, nessuno escluso, non può essere la vittoria di qualcun’altro e soprattutto non una vittoria festeggiata in quella maniera volgare e irrispettosa. Quindi c’è speranza? Adesso direi di no.

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D: Il tuo spettacolo verrà portato dinnanzi a classi di studenti: sappiamo quanto sia importante portare nelle scuole l’educazione sia sentimentale che sessuale, argomenti che sembrano essere un tabù insormontabile. Educare al rispetto dovrebbe essere compito delle famiglie ma in mancanza, anche nelle scuole è un argomento che dovrebbe essere trattato. Il tuo spettacolo potrebbe essere uno stimolo per i presidi delle scuole a considerare l’eventualità di introdurre questo tipo di educazione del tutto mancante nel nostro ordinamento scolastico?

R: Sarà la prima volta che mi esibirò davanti a un pubblico di studenti, ritengo che il mio spettacolo possa essere uno stimolo per i presidi delle scuole, almeno lo spero. Perché mai come adesso bisogna parlare di quest’argomento, relazioni tossiche, narcisismo patologico, femminicidio ma anche la violenza in quanto violenza, senza identità di genere, che sfocia poi nel bullismo, nell’omofobia, in comportamenti di prevaricazione e odio verso un’altra persona, indipendentemente da chi essa sia, proprio per il gusto di compiere atti di violenza. Troppi ragazzi ormai sono e stanno crescendo nel modo più sbagliato, in balia di una società sempre più spietata, esigente, focalizzata più sull’aspetto esteriore che interiore, una società egoista e poco empatica, dove vogliamo continuamente essere visti più che essere capiti. Bisogna inculcare a questi ragazzi il senso dell’appartenenza ad una comunità dove si deve pensare agli altri più che a sé stessi. Non è un caso che negli ultimi anni si è parlato di un aumento delle problematiche dei ragazzi, disturbi d’ansia, problemi alimentari, frustrazione, apatia, desiderio ossessivo di riconoscimento sociale e di una posizione di supremazia all’interno del gruppo che li porta a commettere atti di violenza. Viene chiamato narcisismo adolescenziale, l’effetto di un enorme peso psicologico e di una pesante pressione sociale che subiscono i giovani d’oggi. Risse, furti, baby gang, stupri di gruppo. La scuola ne dovrebbe parlare ogni giorno per sensibilizzare molti più giovani possibili con la speranza di porre fine a questo scempio. Negli ultimi mesi sono state tante le notizie di giovani ragazze violentate da gruppi di adolescenti, il caso di Palermo è stato uno tra i più atroci, ”Cento cani sopra una gatta”, questa frase detta da uno dei violentatori ha fatto il giro del web e racchiude tutta la spietata dinamica dell’accaduto.  La violenza sulla ragazza designata come vittima serve ad esibire agli altri ragazzi del gruppo la propria potenza maschile, l’unico modo per mostrare che si è “veri uomini”. Ovviamente svolgono un ruolo fondamentale i genitori, molti dei quali hanno dimostrato una totale indifferenza per la gravità dei fatti commessi dai propri figli, lasciando commenti inopportuni come “Potevano non mandarla a quella festa”, “Non si sarebbe dovuta ubriacare”. Per questo il ruolo dei genitori è decisivo, perché è in famiglia che il bambino impara fin da piccolissimo il rispetto. Vorrei sottolineare ai ragazzi della scuola dove andrò l’importanza del creare con l’altro sesso e non solo una relazione umana, fatta di sentimenti, di condivisione e di collaborazione, ben lontana dalla prevaricazione e dall’abuso.      

D: che tipo di risposta ti aspetti dai giovani studenti che verranno a vedere il tuo spettacolo?

R: Mi aspetto possano comprendere a pieno tale concetto, i giovani non sono stupidi, anzi, hanno tutte le armi per poter capire a fondo i messaggi che vorrò loro comunicare, vanno solo risvegliati, e se alcuni resteranno restii all’ascolto sono sicura che diventeranno sempre di più una minoranza. Quindi sono molto positiva riguardo a quest’incontro. Non bisogna usare filtri o discorsi edulcorati, bisogna essere forti e determinati nel far capire loro un concetto cosi importante, se dall’altra parte vedranno sicurezza ascolteranno. Magari ripeto non tutti, ma tanti si. Di questo ne sono sicura.

D: ci vuoi ricordare le date già fissate nella speranza che la lista aumenti?

R. Ho appena debuttato con Briciole il 22 Novembre all’interno della splendida cornice del Teatro Ariston di Gaeta in un evento organizzato dalla Croce Rossa Italiana Comitato Sud Pontino, il 25 Novembre invece sarò la mattina a Forlì sempre con Briciole per un evento con le scuole, organizzato dal Tavolo Permanente delle Associazioni contro la violenza alle donne, e la sera sarò all’Unipol Auditorium per un evento che propone un viaggio in musica al femminile dall’800 ai giorni nostri, per ascoltare le composizioni di grandi donne, organizzato in collaborazione con Centro Studi Euterpe Mousikè e Filarmonica del Teatro Comunale di Modena e infine il primo Dicembre sarò a Bologna al Teatro dei Maicontenti nuovamente con Briciole per una serata organizzata sempre dal Centro Studi Euterpe Mousikè.

Ringraziamo Stefania Paternò per la sua disponibilità e sincerità, ma soprattutto per l'impegno di portare avanti questo difficile discorso in un momento storico in cui c'è bisogno che ognuno di noi faccia la sua parte per arrestare questa spirale drammatica di violenza che continua purtroppo non solo nell'indifferenza ma anche nella denigrazione. 

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