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Interview: GIORGIO ADAMO - PIU' DEI GIGANTI

ATTORE E PERFORMER, GIORGIO ADAMO PRESENTA IL SUO PRIMO ALBUM DISPONIBILE DAL 13 DICEMBRE SULLE PIATTAFORME DIGITALI

By: Dec. 03, 2024
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Incontriamo Giorgio Adamo performer di teatro, in particolare di musical, in occasione della pubblicazione del suo primo album dal titolo Più dei giganti per l’etichetta Disordinedischi.

D. Prima di parlare del tuo album, del Giorgio Adamo cantautore, vorrei ricordare ai nostri lettori la tua attività teatrale: in particolare nell’ultima stagione hai interpretato quattro ruoli molto importanti in Jesus Christ Superstar, Vlad Dracula, Cats e in Beatrice Cenci Opera Musical . Vuoi parlarcene?

R. Posso affermare che è stato un anno molto intenso che mi ha portato quasi a un disturbo di personalità nell’affrontare quattro personaggi così diversi. A me stuzzica molto e mi piace vedere il pubblico notare il passaggio da un ruolo all’altro spesso fatto in maniera molto netta. Per interpretare Dracula ho dovuto fare mille passi indietro su quella interpretazione che era molto circoscritta, veramente con poche sfumature mentre gli altri personaggi che ruotavano intorno a me avevano una presenza scenica molto più impetuosa. Io che sono molto istrionico ho dovuto faticare a mantenere una chiave più sommessa tanto è vero che chi mi aveva visto in Jesus Christ Superstar o in Cats mi ha poi chiesto se la mia voce fosse stata filtrata con qualche particolare effetto. Ovviamente no, sono stato io che ho trovato un equilibrio di voce sia nel parlato che nel cantato che potesse dare a quel personaggio quella specifica tonalità che il testo richiedeva. In Cats, il personaggio di Rum Tum Tugger è forse più vicino alla mia personalità e appunto più istrionico. Li poteva essere molto più semplice affrontarlo nella sua versione originale, quella del più figo di tutti i gatti, mentre la versione italiana mi ha suggerito una interpretazione più scanzonata, dandomi degli spunti a volersi prendere un po’ in giro, quindi anche qui ho dovuto aggiungere un po’ di mio per rendere più credibile l’interpretazione.     

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D. Veniamo a questo tuo lavoro discografico, c’è stata influenza tra questi ruoli e la scrittura di questo disco?

R. Direi proprio di no perché i testi li ho scritti molto prima di interpretare questi ruoli. Gli arrangiamenti invece sono stati fatti in questo ultimo anno quando saltavo da un personaggio all’altro. Posso con tutta onestà dire che tutto questo bel calderone di personaggi si contrappone totalmente alla tanta introspezione che utilizzo nei miei brani e nelle atmosfere del disco.

D. Parlaci di come è nato questo disco e cosa ci hai voluto mettere

R. Ѐ decisamente un mondo a parte, un aspetto della mia personalità che, con l’aiuto di altre due persone, ha fatto nascere questi brani che sono interamente scritti e composti da me ma che non appartengono a nessun singolo genere che io abbia affrontato prima. Io sono cresciuto con il rock, poi l’ho impastato con il cantautorato e in seguito con il teatro musicale. Ho voluto creare una dimensione che in parte mescolava tutto questo ma non in maniera evidente. C’è come un filo rosso che collega tutti questi stili, come una curva che parte dal brano di apertura Non vorrei essere Dio e si ricollega a quello finale I sogni che sono appunto i due brani più teatrali. Ma la poetica e le atmosfere di questo disco si distaccano completamente da tutto questo perché su questo disco non ho voluto cantare ne in maniera teatrale ne tanto meno rock che forse è quello che tutti si aspettavano da me.

D. Infatti devo dire che questo disco non si può incasellare in un genere preciso: strizza l’occhio lungo quella curva cui accennavi tu a diversi stili ma non ne segue nessuno soprattutto nei testi che vanno ascoltati con estrema attenzione.

R. Io divido questo disco in un lato A e un lato B, ecco perché c’è il progetto di farne il vinile. Il trittico iniziale (Non vorrei essere Dio- Ma che mondo è- Al suono del gong- ndr) più il quarto brano Dedicato a te, quello forse più cantautoriale, toccano i miei viaggi più esistenziali. Non vorrei essere Dio, è quello più introspettivo, quello in cui seguo la consapevolezza di una direzione che può portarmi a migliorare me stesso e a ritrovare anche nell’altro e nell’universo una certa verità con tutte le sue sfaccettature di serenità, di collaborazione col mondo in cui viviamo. Il secondo brano Ma che mondo è è invece la parte più razionale ma anche quella più impulsiva. È il vedere dall’esterno un mondo di cui siamo parte, un mondo social fatto di brutture, di lamentele, di pensiero non critico a cui segue Al suono del gong che è una sorta di espiazione dei peccati per poi concludersi con Dedicato a te che è un brano con una storia molto particolare. L’ho scritto a Milano, in metro lungo 10 stazioni. Per parecchie sere rientrando dopo le performance vidi più volte un clochard con la sua armonica: una sera quando passò accanto a me con il suo bicchiere lo vidi particolarmente stanco. Non avevo spicci e non gli diedi nulla. Ripassò di nuovo vicino a me e invece di spendere dei soldi per prendere una birra al bar, preso da un impulso gli dissi: “Arrivederci è dedicato a te” e misi 20 euro nel suo bicchiere. Ne è nata una sorta di magia, uno scambio di sguardi. È come se avessi barattato quei 20 euro con l’ispirazione che mi aveva appena passato e che mi ha fatto scrivere il brano. In quegli occhi io non ho visto solo la sua sofferenza. Ho visto me e tutte le mie difficoltà, i miei contrasti, le mie voglie di abbandonare tutto e di cambiare che sono sensazioni per me all’ordine del giorno. Sensazioni che contrastano con il Giorgio che tutti vedono in scena. L’euforia, il Giorgio col sorriso perenne che cerca sempre il bello in tutte le cose è senz’altro una parte di me ma c’è anche, più latente, l’altro me, quello molto più doloroso, costantemente critico e questi due aspetti sono in una continua lotta interna tra di loro. Nonostante le risposte trovate e gli obbiettivi raggiunti sento molto fortemente questi contrasti.

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D. Lo descrivi molto bene quando dici a te stesso di cercare un cambiamento soprattutto con una frase molto emblematica “ritrovarsi solo nella notte è una sfida contro me, dentro me, insieme a me”

R. Si e non a caso lo dico alla fine dell’album, nel brano I sogni, come fosse una sintesi e dove c’è anche una presa di coscienza di quella biforcazione che c’è in ognuno di noi tra il sogno che ci pervade durante la notte e la realtà del risveglio quando il sogno svanisce. Sembra quasi malinconico mentre è più una presa di coscienza. Invece di restare legati al sogno, a un certo punto bisogna riuscire a posare i piedi a terra, smettere di sognare e trasformare i sogni in desideri che secondo me è una catapulta estremamente necessaria. Se non si spinge il desiderio si resta legati ad una cosa astratta, ad un qualcosa che potrebbe comunque non avverarsi ma che si deve perseguire.

D. Il desiderio di cambiare che esprimi in questo Lato B viene ribadito anche in questa necessità di voler sbagliare, un concetto che viene ribadito e ripetuto. Solo se sbagli e analizzi il tuo sbaglio puoi poi cambiare?

R.  Io lo ripeto quasi a sfiancare come altre cose in questo disco. In Non vorrei essere Dio ad esempio lo esprimo a parole e poi la musica fa il resto con un ritmo quasi incalzante che ti porta dal nulla iniziale a quel “tutto” finale senza quasi accorgersene.

D. E lasciami dire che gli arrangiamenti di questi brani sono, a mio avviso, molto ben studiati nel sottolineare ogni parola, ogni concetto. Si accompagnano alle sillabe con un bilanciamento molto preciso ad ogni singola nota.

R. Sono molto contento che ti sia arrivato questo perché è stato fatto un lavoro veramente certosino e devo ringraziare le due persone che si sono affiancate a me. Io ho portato il prodotto iniziale con le mie musiche e i miei testi, un prodotto già definito nelle sue linee melodiche. Negli arrangiamenti siamo partiti da quelle che erano quelle mie intenzioni iniziali andando però poi ad emozionarci giorno per giorno e lavorando proprio su quelle emozioni. Da li davvero è uscita la magia e la decisione di andare nella direzione di seguire quelle emozioni.

D. Citiamoli dunque.

R. Certamente, sono Maurizio Sarnicola, produttore musicale della Goldmine Records che si è occupato di tutta la parte elettronica “suonata” quindi sintetizzatori e strumenti con un sapore anche un po’ retrò e Ernesto Massimino Voza che ha lavorato agli arrangiamenti assieme a Maurizio e ha suonato il pianoforte e la batteria. Devo loro moltissimo così come a Davide Voza che ha lavorato al videoclip e alla copertina dell’album. Nel videoclip ho fatto tutto io, dal punto di vista registico, dello storybord, della scelta delle location, della scenografia, trucco e parrucco, e quindi quello che normalmente è il lavoro di una squadra. In realtà eravamo in due, io e Davide e lui mi ha seguito come un pazzo fino in cima a quella montagna, io con le catene e lui con la sua camera e il drone. Devo tutto a queste persone perché senza di loro tutto questo non sarebbe stato realizzato in questo modo. Avrebbe forse avuto una direzione più folk, più trita e ritrita. Invece noi tre insieme unendo le nostre influenze, le nostre passioni, le nostre sensibilità abbiamo creato un prodotto forse non facilissimo da vendere ma che rappresenta fino in fondo la mia autenticità. E quando mi arriva anche un solo feedback come mi hai dimostrato tu che sei andato a scandagliare ogni testo per carpirne il significato, questo è quello che volevo.

D. Devo essere sincero nel dirti che quando ho ricevuto il link con i brani per un primo ascolto, ero forse impegnato in varie faccende e pensavo semplicemente di ascoltare il disco di un attore di teatro che fa musical. Non è stato così. Mi sono dovuto fermare ad ascoltare, ma ascoltare nel vero senso della parola.  

R. Esattamente. Questo non è un disco che si può ascoltare en passant. Necessita di un ascolto come si faceva un tempo. Per questo ci terrei molto a poter realizzare il vinile. Per ora il 13 dicembre esce in digitale e succederà nella maniera più naturale. Purtroppo all’uscita del singolo sono stato penalizzato sui social da alcuni problemi di diffusione dei miei post, oltre a qualcuno che deve avermi segnalato perché ha ritenuto blasfemo il titolo del singolo. Comunque ora sono riuscito  a risolvere questi problemi e quello che vorrei veramente è di poter riuscire a far “ascoltare” questo disco. Vorrei veramente trovare degli ascoltatori, come l’hai ascoltato tu, che rendano giustizia ad un lavoro fatto con molta attenzione e che possano apprezzarlo senza essere vittime di quello scroll compulsivo che ci porta a passare in fretta ad altro.

D. Ѐ un problema della nostra società odierna. Il mercato discografico di oggi è indirizzato principalmente al profitto e non alla qualità. I più grandi consumatori di musica sono i giovani che prediligono brani più orecchiabili e magari ascoltano dieci volte un ritornello in uno short di 30 secondi senza conoscere il brano.

R. Esatto. Io lo vedo anche nei miei colleghi che hanno 10/15 anni meno di me e mi viene da chiedergli, ma tu l’ascolti una canzone intera? Non dico tutto un disco, ma almeno una canzone intera! Com’è possibile che non si riesca a prendere 3 minuti e mezzo per ascoltare un brano senza cedere a quell’istinto di muovere l’indice sul telefono e andare avanti e che diventa quasi un disturbo fisico. Io vengo da quella generazione, forse l’ultima che ha fatto una lunga gavetta nelle cantine, nei pub in cui ho cantato anche davanti a due persone: ho viaggiato per l’Europa trovandomi una sera davanti a una grande platea e la sera dopo a cantare su un tappeto in un piccolo locale. Sono situazioni che ti fanno paura ma che ti fanno anche acquistare sicurezza. Per me l’emozione non cambia se ho davanti due persone o le 15.000 dell’Arena di Verona. Mi piacerebbe poter ritornare  ad un ascolto più attento dove ti guardi la copertina, leggi i testi e non solo con la musica dei Pink Floyd, giusto per fare un esempio. Lo vorrei anche con le cose nuove. E sono il primo a voler spingere questo cambiamento per interrompere questo modus operandi della società odierna che non riesce a dedicare ad ogni cosa non più di quei 30 secondi tempo. Dato che esistono realtà di nicchia, dei sottoboschi, io cerco di farmi una cultura contemporanea in cui vado a cercarmi delle cose da ascoltare e credimi ce ne sono veramente di molto belle.

D. Sicuramente, però oggigiorno tutto è diventato estremamente superficiale e tu non hai certamente scelto un cammino facile!

R. Lo so, ma questo sono io. La poetica che ho utilizzato, con questa tensione lirica, c’è in tutte le otto tracce e non l’ho mollata mai. Anche nel pezzo più leggero, Cattiva che ha un arrangiamento più vicino al rock e che fa parte di quel trittico dell’amore che c’è nel lato B. Cattiva è un discorso a parte perché è un brano che ho scritto undici anni fa e ha avuto una lunga serie di arrangiamenti diversi con cui ha sempre funzionato. Ho voluto inserirlo ora perché rappresenta  quella parte di me che non vuole tirar fuori le cose perché non ne è mai soddisfatta. Oltre a essere un punto di rottura nell’ascolto dell’album è anche una chiusura con un passato che dovevo buttare via, come se mi liberassi di una zavorra visto che è comunque ispirato ad una storia vera che ho vissuto. Cattiva all’inizio era stato scelto come singolo. Poi ho deciso di no perché avrebbe potuto dare delle aspettative sul resto dell’album che invece non ci sono, sia per il testo più descrittivo che per il videoclip che sarebbe stato molto didascalico. Invece con Non vorrei essere Dio ho scelto, come mi capita spesso, la via più difficile!

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D. Più difficile senz’altro ma certamente più tua perché questa intensa introspezione è poi quella che comunque metti anche nelle tue interpretazioni in scena. In Dracula è stato forse più evidente ma anche Rum Tum Tugger non è poi un personaggio così facile.

R. No, no, infatti! Io quando sono subentrato a Luca Giacomelli Ferrarini, ho montato in cinque giorni quello che gli altri avevano fatto in mesi e ho avuto difficoltà a memorizzare i testi perché ero molto impegnato a seguire i movimenti e le coreografie. Io di base non sono un ballerino, motivo per cui non sono in West Side Story anche se sembrava si paventasse una possibilità, ma preferisco che siano i veri ballerini a ottenere quelle parti. Rum Tum Tugger invece è un caratterista quindi la mia personalità ci poteva stare e nonostante avessi una bella ansia, alla fine è un personaggio che è cresciuto ad ogni rappresentazione e che ha fatto ridere tanto: sono stato molto felice di aver trovato una certa sfumatura quasi arlecchinesca che è arrivata al pubblico. Questo lavoro che io faccio sui personaggi e questo tuo riconoscimento di esserti trovato davanti un prodotto discografico totalmente inaspettato è in realtà la mia condanna ma anche la mia delizia perché io sono così. Nel mondo musicale posso anche essere tacciato di non avere personalità: qualcuno del settore mi ha dato un feedback dicendomi che il mio disco gli era piaciuto, che ero stato bravo ma che è un qualcosa che non esiste. Per me è stato un grande complimento. Perché questo disco è la mia personalità. Perché io dovrei fare un qualcosa che incasellasse la mia personalità? Cosa definirebbe la mia personalità? A me piace cantare il rock e tanto, mi piace cantare il cantautorato, mi piace cantare il musical ma non posso limitarmi a uno solo di questi. E aver creato un qualcosa che “non esiste” mi rende molto orgoglioso.

D. Prima di salutarci vuoi parlarci dei progetti futuri? Oltre all’uscita e alla promozione del disco quali sono i tuoi prossimi impegni sulla scena?

R. Nel 2025, al Sistina riprenderò i miei ruoli in Jesus Christ Superstar e in Cats. Poi ci sarà un ritorno alle origini con Rock At The Opera dove con tre colleghi e una band interpreteremo i più grandi classici del rock.

D. Allora Break a Leg per l’uscita del disco che ribadisco è stata per me una piacevole sorpresa veramente inaspettata e ricordo ai nostri lettori che Più dei giganti sarà su tutte le piattaforme digitali dal 13 dicembre mentre il videoclip di Non vorrei essere Dio è disponibile su Youtube e altri canali video.  

R. Ti ringrazio moltissimo per avermi ascoltato e per aver riconosciuto l’impegno che c’è dietro un progetto discografico come questo.  

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PIÙ DEI GIGANTI

Un disco scritto e composto da Giorgio Adamo

Produzione artistica - Maurizio Sarnicola

Arrangiamenti – Maurizio Sarnicola e Ernesto Massimino Voza

Registrato, mixato e masterizzato presso Goldmine Records a Vallo della Lucania (SA)

Etichetta  Disordinedischi

Copertina Album – Davide Voza

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