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Ieri, 17 gennaio, ha debuttato in anteprima nazionale, presso l'Aula Magna della Sapienza, FANTASMI A ROMA, la favola musicale - basata sull'omonimo film del 1961 scritto e diretto da Antonio Pietrangeli - che aveva catturato la nostra attenzione grazie allo show case presentato il 30 giugno in piazza S. Silvestro e che finalmente abbiamo avuto modo di apprezzare nella sua interezza in forma di allestimento semi-scenico prodotto da Nota Preziosa di Massimo Sigillò Massara.
Agli otto brani che avevamo ascoltato questa estate se ne aggiungono altri nove - per un totale di diciassette - a completare la splendida partitura firmata da Massimo Sigillò Massara (musiche) e Gianfranco Vergoni (liriche), arrangiata da Roberto Agrestini ed eseguita dal vivo (cosa, purtroppo, sempre più rara) dal Palermo Art Ensemble. Le sonorità sono squisitamente nostrane e guardano alla tradizione musicale italiana risultando comunque moderne ed accattivanti, orecchiabili ma ricercate. Si spazia da brani più leggeri come "Godi, godi, godi," l'ammiccante "Marcia delle mazzette" o, ancora, la frizzante "Noi semo l'anime"; a momenti di grande phatos come il vibrante opening number e leitmotif "Vivere", lo showstopper affidato a Donna Flora (Renata Fusco) "Finalmente via" e, in ultimo, il "Quartetto" tra Regina (Simona Patitucci) e i tre fantasmi... un crescendo di emozioni, da pelle d'oca! Niente è fuori posto: ogni numero sembra incastrarsi perfettamente all'interno della storia senza eccessi o sbavature.
Danno la parola allo spartito di Sigillò Massara le brillanti liriche di Gianfranco Vergoni, che si destreggia con grande abilità tra le insidie della lingua italiana giocando con rime e assonanze, un esempio su tutti: "Tentar non nuoce" il sensuale assolo di Elena (Elisa Marangon). Dalla fine del sodalizio tra Garinei e Giovannini si fa sempre più fatica a trovare una commedia musicale - o musical - originale con liriche così efficaci che valorizzino le musiche imponendosi, al contempo, come co-protagoniste. Di Vergoni è anche il libretto, intelligente, attuale, divertente e mai volgare che affronta, tra l'altro, un tema difficile e un grande tabù reinterpretando il momento della morte, qui non più una fine ma semplicemente un nuovo inizio.
Il tutto si sposa alla perfezione con la regia incalzante di Fabrizio Angelini - che firma anche le coreografie - che è la riprova di come sia possibile confezionare uno spettacolo di successo con poche risorse (ricordiamo, l'allestimento era semi-scenico) ma tante buone IDEE. Un letto, un tavolino, una scrivania e qualche sedia... questi gli unici elementi scenografici (a cura da Gabriele Moreschi) che, grazie all'intelligente disegno luci di Luca Maneli, riescono a ricreare gli ambienti, sia interni che esterni al palazzo Roviano, in cui si snoda la vicenda. Molto belli anche i costumi di Maria Sabato che riempono e adornano sfavillanti la scena.
Fiore all'occhiello di questa favola musicale è lo strepitoso cast di tredici protagonisti messo insieme dal team creativo e capitanato dalla vulcanica Simona Patitucci (ideatrice, anima e cuore di questo progetto) in scena nei panni - che furono di Lilla Brignone - di Regina, mendicante e medium che fa incursione nella storia per commentarne gli avvenimenti. Sublime la sua performance, in modo particolare nel "Quartetto" dove ha la possibilità di mettere in luce la sua grande versatilità vocale.
Donna Flora - fantasma di una dama ottocentesca suicida per amore che nel film era stata impersonata da Sandra Milo, presente in sala e madrina della serata - ha il volto e la voce della splendida Renata Fusco che, grazie alla sua potenza vocale, riesce a dare spessore al suo personaggio facendo emergere quella sofferenza celata dietro un velo di apparente leggerezza.
Cristian Ruiz è il dongiovanni settecentesco Reginaldo, morto cadendo dal quarto piano nel tentativo di fuggire ad un marito geloso. Grande padronanza dello spazio scenico, sicurezza vocale e interpretativa e costante focalizzazione sul personaggio lo esonerano da qualsiasi confronto con Marcello Mastroianni di cui, azzardiamo nel dire, non si rimpiange affatto l'assenza... anzi!
A vestire il saio di Fra' Bartolomeo - frate seicentesco morto avvelenato - c'è il simpaticissimo Toni Fornari che conferisce al suo personaggio quella "romanità" che prima gli mancava, sempre con moderazione e senza mai esagerare. Da 10 e lode il suo numero "Pancia mia fatti capannna," un'ode alla cucina romana da far venire l'acquolina in bocca! È il caso, a questo punto, di aprire una parentesi per parlare dei ragazzi della Compagnia dell'Alba, che hanno arricchito lo spettacolo con un esemble di otto solisti - il che può sembrare un controsenso, ma è vero che pur essendo in scena (per l'occasione) in veste di coro, ognuno riesce a trovare e a mostrare la propria personalità e pertanto meritano di essere citati uno ad uno: Gabriele de Guglielmo, Leonardo Antonelli, Giorgia Bellomo, Gaetano Cespa, Carolina Ciampoli, Valentina Di Deo, Monja Marrone e Andrea Nardone.
Andrea Croci ed Elisa Marangon interpretano rispettivamente Federico - nipote scansafatiche nonché unico erede del Principe Annibale - e la sua fidanzata Elena, showgirl avida e superficiale. Anche in questo caso il lavoro di analisi del personaggio è impeccabile ed è sicuramente un passo avanti rispetto al film: si va in profondità, si mettono a nudo le debolezze e le paure dando così una motivazione al loro modo di essere... questo avviene anche grazie a due brani in particolare: la penetrante "Figlio d'arte" eseguita dignitosamente da Croci e l'intima "Se fossi come lei" che fonde le voci della Marangon e della Fusco in un duetto da brivido.
Marco Gandolfi Vannini è Giovan Battista Villari, detto il Caparra, fantasma di un eretico e misogino pittore cinquecentesco che già vanta il fatto d'esser stato interpretato da Vittorio Gassman. Roboante, esilarante, a suo agio e sempre "a modo" nonostante l'eccentricità del personaggio: una bella prova da performer, davvero!
Grande presenza sul palco, caratterizzazione perfetta e intonazione ineccepibile sono i punti di forza di Giancarlo Teodori, che in Fantasmi a Roma veste i panni del buffo e impacciato Ingegner Tartina.
Carlotta Maria Rondana (Egle Bizantini) e Gaia Bellunato (Carletta) dimostrano che non esistono piccole o grandi parti ma solo piccole o grandi attrici e loro, nonostante i brevi interventi, riescono ad emergere in tutto il loro talento amalgamandosi perfettamente al resto del cast. Stesso discorso per Gianluca Bessi e Marco Rea che interpretano Primo e Secondo, i due stagnari "lavativi" intervenuti a riparare lo scaldabagno del principe Annibale. Due personaggi scettici e terreni ritratti con simpatia da una coppia... "scoppiettante!"
E ultimo - ma non per importanza - il grande Carlo Reali, sempre carico nonostante la "non più giovane" età, che veste i panni di Annibale con il garbo e l'eleganza che lo contraddistinguono come artista e come persona. È davvero un onore poterlo vedere in scena ancora nel pieno delle sue forze!
Con un cast strepitoso, liriche e musiche suggestive e regia azzeccatissima FANTASMI A ROMA non poteva non convincerci ancora una volta. Certo, c'è ancora bisogno di qualche limatura al copione - avremmo approfondito di più, ad esempio, la faccenda di Poldino che a tratti risulta poco chiara... l'idea di dar voce a questo personaggio "chiave" con un fischietto, però, è a nostro avviso geniale! - ma è inutile dire che la qualità c'è, è anche molto alta e si può toccare con mano.
Peccato che nell'Aula Magna l'acustica non sia stata eccezionale rendendo difficoltosa la comprensione del testo... motivo in più per portare finalmente FANTASMI A ROMA in un teatro, no? FANTASMI A ROMA è un piccolo capolavoro destinato a gradi cose e, come ha affermato Simona Patitucci durante i ringraziamenti, da oggi lo spettacolo è sul mercato... quindi, produttori: FATEVI AVANTI!
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