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Review: WE WILL ROCK YOU at Teatro Verdi - Montecatini Terme

By: Jan. 04, 2019
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Review: WE WILL ROCK YOU at Teatro Verdi - Montecatini Terme  ImageDopo il grande successo del 2009 torna in Italia in tour We will rock you, lo spettacolo juke-box con i più grandi successi dei Queen.

Lo show ha debuttato al Dominion Theatre di Londra il 12 maggio 2002 e con oltre 8 milioni di spettatori, 2700 performance e 12 anni consecutivi di rappresentazioni, diventando così uno degli spettacoli più longevi della città. In Italia il musical ha debuttato il 4 dicembre 2009 all'Allianz Teatro di Milano, riscuotendo anche nel nostro paese un grande consenso. A decretare una tale accoglienza la saggia scelta di mantenere le canzoni in inglese (in quella edizione tutte tranne due) e di tradurre e riadattare solo i dialoghi recitati.

Lo spettacolo è ambientato in un luogo una volta chiamato "Terra" e ora diventato "Pianeta Mall", tra trecento anni. Un pianeta dove il rock e la musica dal vivo sono banditi, e i loro seguaci, i Bohemiams, sono costretti all'esilio e a nascondersi per non venire annientanti. Un pianeta monopolizzato dalla Global Soft, capeggiata dalla spietata Killer Queen e il suo assistente Khashoggi, con il compito di stanare ogni ribelle, di fornire una cultura di massa globalizzata, di decidere i gusti e i costumi dell'intera umanità e di punire chiunque suoni musica dal vivo o rievochi i grandi nomi della musica del passato. Galileo Figaro e Scaramouche sono due ragazzi che si distinguono dalla massa perché ancora dotati di una "individualità" e quindi personaggi pericolosi e scomodi come Britt e Oz, capi dei Bohemiams. Infatti Galileo avrà la meglio contro la Global Soft perché come profetizzato da Pop, altro personaggio legato ai rivoltosi, lui è il Salvatore, colui che riuscirà a trovare l'ultimo strumento dal vivo rimasto nascosto nel luogo dei campioni, lo stadio di Wembley, la chitarra elettrica suonata proprio dai Queen.

La produzione sottolinea a più riprese che questa edizione non è una semplice replica ma uno vero e proprio nuovo allestimento. La regia di Tim Luscombe e la direzione artistica a cura di Valentina Ferrari ne sono un esempio.

I toni brillanti dello spettacolo hanno saputo legare in maniera egregia molti leggendari brani dei Queen, nella storia una sorta di "profeti" delle "sacre scritture" (VHS, poster e tutto ciò che proviene dal mondo pre-cellulari). La musica dei Queen è una tale istituzione da crederci in tutto e per tutto e il cast regge egregiamente nonostante il continuo paragone con Freddie Mercury sia inevitabile. Le doti vocali sono veramente eccezionali, specie nei protagonisti: Salvo Vinci (ex "Amico" di Maria di Filippi nel 2004) nella parte di Galileo e Alessandra Ferrari in quella di Scaramouche. Grande voce e presenza anche per Valentina Ferrari nel ruolo antagonista di Killer Queen (nonché vocal coach). Con più difficoltà risulta la parte di Paolo Barillari, Kashoggi.

Anche in questa produzione la sceneggiatura è stata attualizzata e "localizzata" nella cultura italiana. Nel momento in cui i Bohemiams evocano i nomi di tutti gli artisti morti non mancano infatti Lucio Battisti o Luigi Tenco oltre a quelli famosi oltreoceano (Whitney Houston, Amy Winehouse o Freddie Mercury per esempio). E così anche i nomi che i Bohemiams hanno scelto dalle poche informazioni loro arrivate sui grandi artisti del passato (spesso infatti sbagliano il genere del cantante) attingono al patrimonio rock-pop italiano: Gianna Nannini e Vasco Rossi oltre a Bono Vox, Britney Spears e Ozzy Osbourne etc. Ma se questa scelta di "italianizzare" il contesto musicale della storia è ben riuscita e, perché no doverosa, la linea dell'attualizzazione risulta meno azzeccata e, a tratti, fuorviante. I continui rimandi della sceneggiatura alla situazione politica italiana attuale cerca la risata facile e sposta fortemente l'ambientazione temporale dei fatti. Così come i richiami a terminologie social del momento: Killer Queen è una fashion blogger, le ragazze e i ragazzi GaGa vivono di like e post su Instagram, tutto si compra su Amazon etc. Ma chi guarda We Will Rock You deve pensare ad un futuro ancora più in là, dove tutto ciò che oggi c'è domani sarà preistoria (specie nel mondo della tecnologia). Singolare sono i gesti robotici delle guardie al servizio di Killer Queen che, per inviare un messaggio a tutto il mondo, digitano su un invisibile smartwatch: se nel 2002 questo poteva essere fantascienza, oggi è diventato un'azione all'ordine del giorno. Cala insomma l'aspetto visionario che lo spettacolo mette in scena, e questo non è solo legato alle scelte della sceneggiatura italiana ma anche ai passi da giganti che la tecnologia e il mondo social stanno compiendo in questi anni. Nonostante tutto però il monito che We Will Rock You ci lascia è sempre lo stesso e altrettanto valido: viviamo ormai in un mondo dove contano più gli amici su FaceBook, i numeri di like, i tramonti fotografati piuttosto che quelli osservati e dove il futuro è seriamente messo a rischio di appiattimento culturale.

Oltre alle canzoni, il protagonista indiscusso dello spettacolo è il Rock, trattato qui con umorismo e portato ai grandi livelli grazie ad una straordinaria band rock che suona dal vivo tutti i pezzi dello spettacolo (del resto mettere in scena uno show come questo, che contesta la musica programmata e "senza anima", con musica registrata sarebbe stato un controsenso!). Il musical va avanti in maniera egregia con un impianto scenografico basato su una struttura fissa a due livelli, tutta rigorosamente grigio acciaio, che con piccole variazioni rappresenta situazioni anche diverse (dal regno di Killler Queen ai nascondigli dei rivoltosi). Questa soluzione non sempre riesce a rendere tutte le sfumature delle varie ambientazioni rendendo difficile la comprensione di certi passaggi scenici (manca la mitica moto che accompagna Galileo dal lago di Ginevra allo stadio di Wembley). Manca anche tutto il contributo video/proiezioni (tipico delle altre produzioni) che in uno spettacolo futuristico come We Will Rock You aiuta ad entrare ancora di più nella filosofia apocalittica (o forse non tanto?) del domani digitale. Viste queste mancanze, il finale si risolve tutto un po' troppo velocemente e il pathos, là dove dovrebbe essere al massimo, cala visibilmente - almeno fino a quando sul palco iniziano le prime note di We Will Rock You, il pezzo che dà il titolo allo spettacolo e che il pubblico puntualmente arricchisce con il famoso ritmo di clap. Lo spettacolo non ci salverà dal mondo dei new media né dalla globalizzazione social in cui siamo ormai immersi e anche se Galileo non è Freddie allo stadio di Wembley, We Will Rock You è uno di quegli spettacoli che rivedresti ancora.

We Will Rock You

Regia: Tim Luscombe

Scenografia: Colin Mayes

Coreografie: Gail Richardson

Direzione artistica: Valentina Ferrari

Direzione Musicale: Riccardo Di Paola

Produttore esecutivo: Cristina Trotta



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