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Review: 'The Greatest Showman'

By: Jan. 24, 2018
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Sin dal trailer di "THE GREATEST SHOWMAN" appare chiara la volontà di presentare P. T. Barnum sotto una luce positiva. Non nego che trovo un po' irritante questa moda di rivalutare certi personaggi come dei guru della comunicazione, ma dal punto di vista artistico la cosa non mi crea alcun problema. Si possono scrivere dei musical meravigliosi con dei protagonisti di gran lunga peggiori.

Quello che non ti aspetti andando a vedere un film su una figura così controversa, però, è di trovarti di fronte a un'agiografia.
Se al posto di Hugh Jackman ci fosse stato Beppe Fiorello, "The greatest showman" sarebbe potuta benissimo essere una fiction di RAIUNO. Gli elementi ci sono tutti: un eroe incompreso che lotta contro una società ostile, morali posticce e scontate, cattivoni che si rifiutano di condividerle senza una buona ragione, e naturalmente quadretti familiari con bambini carini e divertenti. Da un momento all'altro mi sarei aspettato di vedere entrare in scena il reverendo Scarlett Johassen al grido di: "Barnum! Lei è un impostore che si prende giuoco degli incapaci!".
"The greatest showman" è un film, come dicono gli americani, "cheesy". Cioè è così ossessionato dall'idea di commuoverti che finisce per trasmetterti più la sua voglia di commuovere che la commozione stessa.

Di diverso avviso gli spettatori del cinema dove sono andato a vedere il film, che durante i titoli di coda si sono addirittura messi ad applaudire. La cosa non mi ha stupito, perché erano le stesse persone che prima di entrare hanno chiesto al bigliettaio: "Scusi, ma in questo film cantano?". Questo non per dire che sia normale che a delle persone così stupide piaccia un film del genere. Chi si informa presso la biglietteria per sapere se in un musical gli attori cantino non è necessariamente stupido, ma poco avvezzo al genere lo è di sicuro. E in effetti "The greatest showman" - come "La La Land" e "Moulin Rouge" prima di lui - è un film che può piacere giusto a chi non ha mai visto un musical in vita sua. Il mezzo espressivo gli autori lo padroneggiano benissimo, e pertanto è possibilissimo che qualcuno possa rimanere incantato dal linguaggio utilizzato dal film più che dal film in sé, che però rimane scadente.



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