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Review: MIMÌ È UNA CIVETTA, ovvero: 'ora non avrete più scuse per non conoscere La Bohèmè'

By: Nov. 23, 2016
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Venerdì 18 novembre, al Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena, è approdato Mimì è una civetta, spettacolo originale tratto da La Bohème nato lo scorso autunno nell'ambito della Trilogia d'Autunno del Ravenna Festival dedicata a Puccini e attualmente in tour nei teatri dell'Emilia Romagna.

Vorrei iniziare questa recensione con una standing ovation virtuale alla scenografia di Greg Ganakas, che viene da Broadway e si vede. Tutti gli aspetti scenografici (e coreografici) di Mimì è una civetta si aggiudicano decisamente un posto di rilievo nel panorama del teatro musicale italiano, affiancandosi a quei (pochi) altri spettacoli italiani che accorciano le abissali distanze con i musical d'oltreoceano.

Lo spettacolo si apre su un'atmosfera completamente diversa dalla ben nota Bohème di Puccini: Mimì, dalle prime file della sala, risale il proscenio accompagnata dalla musica rock suonata live dall'orchestra e da un sordo ticchettio di orologi proiettati sulla scena. Questo inizio non è di particolare rilevanza dal punto di vista drammaturgico: se diamo per scontato che tutti gli spettatori conoscano per lo meno la trama de La Bohème, Mimì che viaggia nel tempo per rivivere/mostrare gli avvenimenti che hanno portato alla sua morte non è un'idea così originale. Piuttosto, la scelta d'introdurre i quattro quadri con questo viaggio nel tempo quasi psichedelico sembra voler dire: "dimenticate la Bohème che conoscete, state per assistere a qualcosa di mai visto". È una sorta di patto che lo spettacolo, in queste prime battute, stringe con lo spettatore.

A mio avviso, tuttavia, questo inizio stride con il primo quadro che segue. La scelta di mantenere quasi interamente (con i dovuti tagli, ovviamente) il testo originale è un'arma a doppio taglio, che può dar luce a risultati meravigliosi, come la versione jazz/blues di Quando m'en vo del secondo quadro, o decisamente meno d'effetto. Partendo dal fatto che il primo quadro de La Bohème è lento di per sé, nell'opera originale l'incontro e l'innamoramento tra Rodolfo e Mimì sono sopportabili solo dal punto di vista musicale e i testi sono scritti in funzione della musica di Puccini. Ma l'inserimento di una musica ed un'atmosfera pop, più che Puccini ricordavano A Song Like This del musical Spamalot privata dell'elemento comico, che quando sembra finita... non lo è, e seguono altri dieci minuti di dichiarazioni d'amore. Fortunatamente, in scena ci sono Attori con la A maiuscola, Luca Marconi (Rodolfo) riesce ad emettere acuti che risvegliano i morti e Mariangela Aruanno (Mimì) ha la voce degli angeli, il che rende il tutto molto più godibile.

La Mimì che emerge da questo primo quadro è ben lontana dal personaggio originale e più vicina alla Mimì di Jonathan Larson: il titolo, Mimì è una civetta, non è semplicemente una citazione ma un dato di fatto. Perché Mimì è a tutti gli effetti una civetta, che forse non frischeggia con tutti ma con Rodolfo frischeggia in modo abbastanza palese.

Passato il primo quadro, mi azzarderei a definire tutto il resto dello spettacolo semplicemente perfetto. Il secondo quadro rende perfettamente le atmosfere della Bohème originale: il palcoscenico è saturo di attori, musicisti e ballerini, ogni gesto e movimento è pensato e calibrato nei minimi dettagli, ancora una volta Greg Ganakas ci riporta mentalmente ai grandi musical di Broadway con coreografie anni Venti che ricordano quelle di Singing in the Rain o Thoroughly Modern Millie. In questo movimentato scenario s'incastra perfettamente uno dei momenti più tragici dello spettacolo: lo scambio di fiori tra Mimì e il mimo di strada - ma il fiore di Mimì è, ovviamente, uno di quei suoi fiori ricamati che non hanno odore, presagio del suo tragico destino.

Nel secondo quadro vediamo delinearsi la figura di Marcello, interpretato da Adriano Di Bella, attore dalle grandi doti vocali e interpretative. Ma soprattutto è in questo quadro che viene introdotta Musetta, con una versione modernizzata di Quando m'en vo che, come già accennato, non poteva essere reinterpretata meglio. Mi sembra rilevante riportare le uniche quattro parole che il mio vicino di poltrona ha pronunciato durante tutta l'ora e mezza di spettacolo, ovvero "Questa Musetta mi piace", particolarmente pregnanti dato che lo sconosciuto non ha più detto nient'altro (letteralmente). Ma al di là delle doti vocali indubbie, il talento recitativo di Giulia Mattarella (Musetta) emerge soprattutto nell'ultimo quadro, perfettamente in linea con la tragicità della scena.

Detto questo, spero vivamente nella realizzazione di un album tratto dal musical, o per lo meno di alcune tracce particolarmente riuscite (merito anche della band live, sempre presente sul palcoscenico): il quartetto del terzo quadro, Vecchia zimarra e Quando m'en vo, sia la versione cantata che, soprattutto, quella per tromba (Fabrizio Bosso) e fisarmonica (Carmine Ioanna) posta in chiusura del secondo atto, che ha segnato il momento più alto di tutto lo spettacolo (che potrei - e vorrei - ascoltare a ripetizione tutti i giorni, tutto il giorno).

Se vi stavate dunque chiedendo, "è necessario un altro musical ispirato alla Bohème?" la risposta è: decisamente sì. Non solo, si tratta di uno dei progetti italiani più interessanti degli ultimi anni, al momento ancora in tour nei teatri dell'Emilia Romagna e con un futuro molto promettente.

MIMI' E' UNA CIVETTA

divertissement à la bohémienne
ideazione e adattamento libretto di Cristina Mazzavillani Muti

La Bohème di Giacomo Puccini nelle tessiture vocali originali arrangiata per band da Alessandro Cosentino

con la partecipazione straordinaria di
Fabrizio Bosso tromba
Carmine Ioanna fisarmonica

Regia e coreografie Greg Ganakas
riprese da Chiara Nicastro
Scene Greg Ganakas e Gregory Gale
Light designer Vincent Longuemare
Costumi Alessandro Lai
Visual designer Davide Broccoli

Sound designer Massimo Carli, BH Audio

Mimì Mariangela Aruanno
Musetta Giulia Mattarella
Rodolfo Luca Marconi
Marcello Adriano Di Bella
Schaunard Luca Iacono
Colline Paolo Gatti
Benoît Filippo Pollini
Alcindoro Alessandro Blasioli

band in palcoscenico
Alessandro Cosentino direttore e violino
Federico Galieni, Gabriele Palumbo violini
Luca Zannoni tastiere
Riccardo Almagro chitarre
Christian Pepe basso
Tommy Ruggero batteria

l'ensemble
Alessandro Arcodia, Alessandro Braga, Martina Cicognani,
Michael D'Adamio, Francesca De Lorenzi, Giovanni Magno,
Giorgia Massaro, Chiara Nicastro, Silvia Tortorella

bambini
Sara Bardi, Federico Boerner, Rebecca Felli, Anita Fois, Daria Pavanello,
Emiliano Santiago Orioli Giglioli, Federico Pezzilli (violino)



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