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Review: "Il principe ranocchio"; 10+ per la messa in scena, 3 per il testo

By: Apr. 24, 2017
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Venni a sapere dell'esistenza di un musical chiamato "IL PRINCIPE RANOCCHIO" un paio di anni fa, e sul momento la cosa mi lasciò indifferente, perché pensai si trattasse solo dell'ennesimo mockbuster disneyano (vedi a questo proposito l'articolo sul family-musical). Tuttavia il grande successo di pubblico di questo spettacolo, e il fatto che di recente abbia ricevuto ben due nomination agli Oscar italiani del Musical ("migliori musiche" e "miglior spettacolo") mi ha incuriosito, così ho deciso di approfittare di una data al Teatro Nuovo di Milano per andarlo a vedere.

Il musical (in realtà una semi-opera), scritto e diretto da Melina Pellicano, è tratto dall'omonima fiaba dei fratelli Grimm, di cui grosso modo riprende la trama. Eccezion fatta per un particolare: tra i personaggi c'è anche la strega che ha trasformato il protagonista in ranocchio per per punirne la superbia. Da qui il sottotitolo: "e l'incantesimo della strega Baswelia".
Le musiche sono di Marco Caselle (anche interprete principale ed autore delle liriche), Stefano Lori e Gianluca Savia.

Il mio giudizio complessivo sullo spettacolo lo trovate nel titolo.

10+ per la messa in scena

E non solo per la messa in scena in sé, ma per tutto quello che riguarda la produzione. Comunicazione col pubblico eccellente (date anche solo un'occhiata al sito dello spettacolo e ai contenuti che offre!), intelligenza nell'uso dei social, disponibilità fuori dal comune con i giornalisti (qui parlo per esperienza diretta) e per finire un merchandising niente affatto male. Tutto ciò che si poteva fare per portare la gente a teatro è stato fatto ed è stato fatto bene. Applausi.

Per quanto riguarda la messa in scena in sé, non è raro che gli spettacoli italiani abbiano una componente visiva ben curata ma quella de "Il principe ranocchio" è memorabile. Per capirci, la differenza tra "ben curato" e memorabile" è questa: le foto che potreste trovare su Google Immagini digitando "tramonto sul mare" sono ben curate, l'"Urlo" di Munch è memorabile. Colpisce lo spettatore a un livello più profondo del semplice "Sì, è carino", rimane impresso nella sua mente, e questo perché è un prodotto artistico, non solo il lavoro di un abile artigiano. Senza nulla togliere agli abili artigiani, naturalmente.

Lo scopo dichiarato della regista era rappresentare un mondo caricaturale, cartoonesco, così da dar vita a una storia "divertente e romantica al tempo stesso". Le scene, i costumi e soprattutto le luci non solo assolvono appieno a questo compito ma creano un'iconografia che lo spettatore assocerà sempre a questo musical.
Una scenografia che non resta sullo sfondo ma rappresenta un vero e proprio spazio teatrale all'interno del quale l'attore può agire. Costumi che rendono l'atmosfera ora buffa ora magica e elegante, tanto che alla vista dell'abito da festa della principessa tutto il teatro è esploso in un "Oh!" di meraviglia. Luci che animano la scena, creando atmosfere molto diverse tra loro a seconda della situazione e aiutano a dare l'idea di un ambiente molto ampio nonostante l'azione non si sposti mai dalle stesse due/tre stanze.

Altra nota estremamente positiva: ad interpretare il tutto non c'erano dilettanti allo sbaraglio tipo la Hunziker ma gente che si occupa da anni di teatro musicale.

3 per il testo.

Un vero peccato che il testo non sia affatto all'altezza della messa in scena.
C'è da dire che contrariamente a quello che temevo lo spettacolo non è affatto un mockbuster disneyiano. La trama però è poco avvincente, la sua resa fracassona e sconclusionata.

Nella fiaba originale la principessa è una stronzetta viziata e il ranocchio è un bruto che si diverte a tormentarla. Il rapporto tra i due è conflittuale e per questo il lettore è invogliato a proseguire la lettura per scoprire come si risolverà.
Qui non c'è nessun conflitto. Certo, la principessa sulle prime è restia a far entrare in casa sua un ranocchio ma dopo una decina di minuti comincia già a trovarlo simpatico. I protagonisti non litigano, non devono imparare a sopportarsi l'un l'altro, non si stanno nemmeno sulle scatole e il loro amore sboccia senza problemi in pochissimo tempo, proprio perché i loro caratteri non sono inconciliabili nemmeno in superficie. Con buona pace dei discorsi della regista sul "valore della diversità".

La principessa, lungi dall'essere un'aristocratica, è una ragazza piena di vita a cui sta stretta la rigida etichetta di corte. I ranocchio non somiglia al bruto della fiaba originale ma è un ex-principe arrogante. Almeno in teoria perché a dire il vero nei suoi atteggiamenti non riscontriamo alcunché di arrogante. Anzi, ha l'aria di essere un tipo alla mano.

In effetti Melina Pellicano non sembra interessata a mettere in scena "Il principe ranocchio", quanto una propria versione de "La bella e la bestia". Sia chiaro: non c'è nulla di male in questo, l'importante è saperlo.
Solo che a questo punto io mi aspetto di vedere un principe arrogante e viziato che scopre che si può far innamorare una donna anche senza possedere delle efficaci armi di seduzione, cosa che non accade. Mi aspetto che la protagonista femminile capisca che bisogna guardare al di là dell'aspetto fisico, ma non accade neanche questo. Come già detto, lui non dà mai a vedere di essere arrogante, e lei ha una mentalità aperta fin dalla prima scena. Non si capisce se alla fine i due protagonisti imparino una lezione e se sì quale.

Non c'è nemmeno una forza esterna che li ostacoli seriamente. Certo, il re vorrebbe che sua figlia fosse meno ribelle ma a conti fatti non fa nulla per impedirle di esserlo. Quanto alla strega... mi dispiace per Lucrezia Bianco, che era la migliore cantante in scena, ma il libretto migliorerebbe parecchio se eliminassimo il suo personaggio. Che motivo ha di esistere, a parte il fatto che in uno spettacolo del genere la gente si aspetta di trovare un cattivo?
Un cattivo ha ragione di esistere quando rappresenta un ostacolo per il buono. Quando sembra essere invincibile o, meglio ancora, quando l'eroe per sconfiggerlo deve evolvere e migliorarsi. Baswelia, invece, viene sconfitta in mezzo minuto senza alcuno sforzo particolare.

Questo per quanto riguarda la storia. Passando al modo in cui è stata raccontata, ho riscontrato principalmente due difetti.

Il primo è l'inforigurgito.
Per chi non lo sapesse l'inforigurgito (in inglese "infodump") è quell'espediente con cui l'autore fa sì che due personaggi si scambino delle informazioni che entrambi conoscono benissimo al solo scopo di comunicarle allo spettatore. Sì, è una cosa parecchio fastidiosa. Lo è ancora di più se va avanti per i primi trenta minuti di spettacolo (li ho contati!), rubando tempo all'azione vera e propria, nonostante il retroscena sia chiarissimo, nonostante venga raccontato in uno spiegone iniziale e nonostante i personaggi siano molto facili da inquadrare, persino un po' cliché (vedi la principessa che sente di vivere in una gabbia dorata).

Secondo difetto: perché tutto questo baccano?
Capisco voler essere vivaci e divertenti ma lo spettacolo non può essere tutto urlato. Diventa dispersivo. Servono delle pause, dei momenti di riflessione, che ne "Il principe ranocchio" sono rarissimi (infatti quel momento in cui le luci si abbassano e i due protagonisti discutono fuori scena è stata una boccata d'aria fresca) e non vengono mai espressi attraverso la musica.
Intendiamoci, non siamo ai livelli di fracasso gratuito toccati con "Alice nel Paese delle Meraviglie" e altri spettacoli analoghi, ma il problema di fondo rimane.
Tanto per fare un esempio, dopo aver ballato con la principessa il ranocchio riflette sulla possibilità di costruire un futuro con lei e lo fa con una canzone cantata a voce spiegata. Ora, tutti noi ci siamo trovati a riflettere sull'eventualità che la simpatia tra noi e una persona si trasformi in amore e sappiamo che in quel momento ci si trova sospesi tra il dubbio e la speranza e l'ultima cosa che viene voglia di fare è sbraitare.
Pensate a quella scena de "Il gobbo di Notre-Dame" in cui Quasimodo ripensa al suo incontro con Esmeralda e si chiede se lei stia pensando a lui. Altro prodotto per famiglie (nel caso qualcuno stesse pensando di dire una roba del tipo "Fanno casino per attirare l'attenzione dei marmocchi"), situazione molto simile ma musica delicata e canto sommesso. L'effetto è migliore e permette allo spettatore di riposare un po' le orecchie dopo tanto frastuono.
Aggiungerei che è molto più difficile per un cantante rendere bene un brano del genere. Una "vociata" è più d'effetto ma la sappiamo fare tutti.

C'entrerà qualcosa il fatto che uno degli autori delle canzoni è un performer e pertanto cerca di scrivere cose che permettano ai cantanti di mettersi in mostra? Non lo so ma non lo escluderei.
Per la cronaca, forse un pezzo meno fracassone degli altri c'è: la canzone della serva della principessa, che però viene sciupata inserendola in un punto in cui lo spettatore è più interessato allo sviluppo della trama che alle elucubrazioni dei personaggi.

Quando ho scritto che "è un vero peccato" che il testo abbia questi problemi non ero ironico. Mi dispiace davvero dire queste cose, perché è raro che in Italia si punti su testi inediti, è ancora più raro che lo si faccia con tanta professionalità e chi lo fa è sempre e comunque da incoraggiare. Vi dirò di più: io il premio agli Oscar del Musical lo avrei comunque dato a "Il principe ranocchio" invece che a "Notre-Dame". "Notre-Dame" non lo avrei nemmeno fatto partecipare, perché per quanto mi piaccia molto non ha senso continuare a premiare uno spettacolo di vent'anni fa.
Se vuoi dimostrare il tuo valore come produzione originale, però, il testo che metti in scena non può essere l'ultima delle tue preoccupazioni.

IL PRINCIPE RANOCCHIO

Libretto e regia: Melina Pellicano
Musiche: Marco Caselle, Stefano Lori e Gianluca Savia
Liriche: Marco Caselle
Scene: Riccardo Antonino
Costumi: Marco Biesta
Luci: Lorenza Pasquale
Effetti speciali: Alessandro Marrazzo
con Marco Caselle, Valeria Camici, Umberto Scida, Lucrezia Bianco, Marianna Bonansone, Saulo Lucci, Elisa Alberghini, Fabrizio Varriale, Gianluca Multari, Andrea Montarino, Federica Maneo, Giada Dibisceglia
Produzione: Compagnia BIT di Torino



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