IL GABBIANO, opera tra le più rappresentate tra i classici del teatro internazionale è stata rivisitata e adattata in un allestimento da dramma musicale al Teatro Quirino di Roma da Giancarlo Sepe, noto per le interazioni tra generi nelle sue regie.
Con una dedica alla "madre", uno dei ruoli principali della pièce, questa versione "ridotta" utilizza solamente 5 degli 11 personaggi originali, riassumendo in 6 quadri di scena i lunghi quattro atti dell'originale come se si fosse voluto fare un distillato degli eventi salienti raccontati da Anton Cechov.
Un personaggio esterno al gruppo di attori ha la funzione di narratore e si può intuire che sia uno sdoppiamento adulto del figlio Kostja dell'opera originale che dal di fuori commenta la sua visione della storia terminata con il suo suicidio: interpretato da Massimo Ranieri, questa "anima" del figlio consola se stesso giovane, cerca di spiegare alla madre, molto classicamente interpretata da Caterina Vetrova, come avrebbe dovuto comportarsi nei suoi confronti, racconta in musica i suoi stati d'animo. In ognuno dei sei quadri interpreta un brano tra i più importanti della canzone francese, i cui testi si adattano perfettamente allo spirito della scena: Avec le temps di Léo Ferré è un perdono alla madre perché "con il tempo tutto passa, tutto se ne va". Les vieux amants di Jacques Brel è la perfetta narrazione del lungo rapporto ormai stanco tra la madre Irina ed il suo compagno, il poeta Trigòrin (Pino Tufillaro). La Foule di Edith Piaf è l'esaltante nascere improvviso e travolgente dell'amore di Trigòrin per la giovane Nina che a sua volta è l'oggetto dell'amore di Kostja. Quest'ultimo, interpretato con passione e misura dal giovane Francesco Jacopo Provenzano, non vedendo corrisposto il suo amore e vittima di una madre diva troppo presa da se stessa, non riesce a trovare un suo equilibrio: il suo "io esterno" si racconta con le note di Je suis malade di Serge Lama ("quando mia madre usciva la sera e mi lasciava solo con la mia disperazione"). Hier encore di Charles Aznavour illustra la scena in cui Trigòrin rimpiange i suoi vent'anni ma decide di ritornare tra le braccia di Irina. L'ultima parte, quella del suicidio, è illustrata da Et Maintenant di Gilbert Becaud il cui testo spiega a pennello le angosce di Kostja che lo hanno spinto a togliersi la vita (" e ora cosa posso fare, ora che te ne sei andata ... non ho più niente").
Le due ore di durata di questo allestimento scorrono piacevolmente, con passione e molta attenzione da parte del pubblico, ma ci si chiede quanti in effetti abbiano fino in fondo capito il legame intrinseco tra le canzoni e la storia: per quanto la sua regia sia molto efficace e diretta, Giancarlo Sepe parte dal presupposto che ogni singolo spettatore conosca per filo e per segno la storia originale de Il Gabbiano: gli spunti scelti per illustrarla sono quelli essenziali ma a tratti si ha la sensazione di trovarsi ad un esame universitario avendo studiato solo un "Bignami" invece del testo di studio nella sua interezza. Altro elemento dato troppo per scontato, il fatto che il pubblico conosca il francese: non bastano i sopratitoli, peraltro poco leggibili, con la traduzione in italiano dei testi per cogliere le infinite sfumature che hanno portato il regista a scegliere proprio quei brani che veramente sembrano appositamente scritti per illustrare gli stati d'animo dei personaggi. Il lavoro di ricerca fatto per sovrapporre questa "anima narratrice" del figlio e adagiarla sull'originale opera di Cechov è senz'altro ammirevole e molto intraprendente: che sia ben riuscita, sicuramente, ma forse solo per un pubblico molto di élite.
Semplici ed eleganti le scene e luci scelte per questo allestimento: un lunghissimo pianoforte divide idealmente la scena in due: sul fronte il personaggio del narratore racconta e canta le canzoni mentre alle spalle del pianoforte si svolgono le scene della pièce vera e propria con poche interazioni tra le due parti se non in specifici momenti esplicativi. Alti pannelli neri si animano con giochi di proiezioni e luci ma senza essere invasivi per non rubare la scena agli attori.
L'interpretazione di Massimo Ranieri è decisamente intrigante, passionale, indiscutibilmente aiutata dalla sua potente e particolare voce, con una recitazione precisa e attuale. La sua padronanza del palcoscenico è innegabile: non troppo la sua padronanza della lingua francese che denota una grande dedizione e studio ma molte, troppe imprecisioni che sicuramente la gran parte del pubblico non ha minimamente notato regalandogli applausi a scena aperta.
Di altro tessuto la recitazione offerta dagli altri attori che completano il cast che è sembrata forse troppo "tradizionale" in questo accostamento tra il teatro classico e il teatro musicale: anche se questo contrasto fosse stato voluto, offrire una recitazione più schietta e fresca avrebbe sicuramente reso più attraente la modernizzazione di questo classico. A tratti infatti la pur bravissima Caterina Vetrova o Pino Tufillaro purtroppo rasentavano nelle loro intonazioni la famosa "presa in giro" della recitazione classica da parte del trio Marchesini-Solenghi-Lopez.
DIANA OR.i.s. E RAMA INTERNATIONAL
Presentano
IL GABBIANO (à ma mère)
Dall'opera di Anton Cechov
Musiche di Harmonia Team
Canzoni di: Léo Ferré, Jacques Brel, Edith Piaf,
Charles Aznazour, Serge Lama, Gilbert Bécaud.
Disegno luci di Maurizio Fabretti
Scene e costumi Umberto Bertacca
Adattamento e regia di Giancarlo Sepe
Cast
Massimo Ranieri
Caterina Vertova
Pino Tufillaro
Federica Stefanelli
Martina Grilli
Francesco Jacopo Provenzano
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