Spring Awakening è un musical vibrante, nuovo, energico, forte, quasi violento. Abbiamo parlato di esso, e di come i musical siano stati visti fino ad oggi in Italia, con il suo direttore musicale Stefano Brondi, cantante jazz, gospel, musical performer, produttore musicale ed ora insegnante in una delle più importanti scuole di musical in Italia, la SDM.
FS : Stefano, cosa ne pensa dell'istruzione teatrale musicale in Italia?
SB : Per quanto riguarda l'istruzione nel teatro musicale possiamo dire che c'è, qui in Italia, un inizio di struttura formativa. Questa è dovuta a persone come Saverio Marconi (SDM), Simone Nardini (MTS) e, per quanto riguarda la parte musicale, Franco Mussida (CPM), che decidono di devolvere la loro conoscienza, acquisita non per formazione diretta ma personale, a fruizione delle nuove generazioni di performer. Gli interpreti che si approcciano ora al mondo del musical sono interpreti sempre più coscienti delle loro possibilità e della storia che quest'arte ha alle sue spalle. Posso dire che non esiste ancora un metodo di insegnamento di quest'arte poiché si sta creando ora, con la prima generazione di scuole. Fra qualche decennio saremo in grado di determinarne la struttura, i corsi, il percorso [...]. Ora siamo ancora lontani dall'avere scuole che si possano affermare a livello europeo o consegnare diplomi che abbiano valenza ministeriale.Nonostante siano agli albori, agli inizi di questo percorso, le scuole sono produttive e le prospettive ottime.
FS : Cosa ci dice degli spettatori? Qual è la loro percezione in merito ai musical?
SB : Il pubblico medio italiano quando va a vedere un musical crede di andare a vedere commedie musicali poiché è stata allenata ed educata ad esse da Garinei e Giovannini. Lo spettatore è abituato alla commedia francese italianizzata, al teatro canzone, teatro leggero, all'operetta popolare. L'idea del musical viene da Broadway, da Londra, dalla leggenda che questi luoghi hanno acquisito, negli anni, in merito.E' poco che si inizia a vedere qualche trasposizione teatrale che non è teatro di parola. Altrimenti si resta comunque legati a musical che provengono dall'estero o che hanno produzioni estere. Ciò che si deve fare ora, in Italia, è educare, raccontare.
FS : Cosa ne pensa dei musical americani? Come possiamo, se possiamo, paragonarci ad essi?
SB : Negli Stati Uniti i musical sono forse la vera ed unica forma d'arte che gli americani abbiano costruito. Questa loro cultura nasce da trecento anni di errori, da qualcuno che dal caos e dal caso ha fatto nascere una struttura. Questa tradizione è più americana che inglese, ma decisamente anglosassone.Gli americani sono i così detti "One man show". Qualsiasi cosa facciano è uno show, dallo spettacolo vero e proprio alla vendita di una padella. E' una qualità che hanno innata. Noi, al momento, siamo culturalmente in fase di apprendimento. Dobbiamo apprendere, con umiltà; riconscere ciò che non sappiamo fare e capire che però POSSIAMO farlo. Dobbiamo sperimentare e creare.C'è una tecnica, usata negli spettacoli, che io uso e spiego nell'insegnamento. E' la tecnica dell' "Eleven o'clock song". Nel momento in cui lo show arriva al suo 75% c'è il brano ipnotico che resta impresso nella mente dello spettatore. La stessa cosa succedeva nel Vaudeville, dove al 75% dello spettacolo arrivava il personaggio principale. Anche se la gente usciva per mangiare sapeva, e si ricordava, che quallo era il momento più importante. Qualsiasi musical scritto e strutturato bene ho un Eleven o'clock song. Anche Spring awakening, che non voleva nascere come musical, ha questa tecnica, che ritroviamo col brano "Totally Fucked (blah blah blah)".
FS : Stefano, per quanto riguarda i brani musicali, cosa mi dice della loro traduzione in ligua italiana?
SB : L'Italia è famosa per i suoi doppiatori, traduttori ed interpreti e questo, purtroppo, nel caso del musical, gioca a nostro svantaggio. Se pensiamo agli altri paesi europei, ci accorgiamo che i film e gli spettacoli teatrali vengono guardati in lingua orginale, con l'aiuto dei sottotili, ma pur sempre in originale.La cosa migliore e più giusta da fare sarebbe quella di mantenere i brani nella loro lingua madre, poiché la forma culturale sulla quale si basa il brano, l'idea di esso, il "ghost" che ne viene fuori e la metrica, sono stati pensati e creati su quella lingua. Con Emanuele Gamba, regista del musical, abbiamo deciso infatti di mantenere i testi di "Spring Awakening" in lingua originale. Questo per evitare di sacrificare la metrica dei brani o il loro reale significato, insito in ciascun termine utilizzato da Sater e Sheik, in modo preciso e meticoloso.Emanuele ed io abbiamo dunque optato per dei sottotitoli, ma non solo veri e propri sottotitoli sullo schermo , quanto piuttosto sottotitoli emotivi. Il nostro obbiettivo è stato ed è quello di evocare.
FS : Stefano, da performer, interprete, cantante e attore , cosa vuol dire insegnare per lei? Com'è stare dall'altra parte della barricata?
SB : Io sono stato cresciuto come un bambino americano. Mio nonno, al quale devo l'ottanta per cento della mia formazione, mi ha cresciuto con la musica jazz, con i film di Fred Astaire, con gli spattacoli di Broadway, in un periodo di vero proibizionismo, non come quello messo in scena stasera. Sono stato io poi che durante l'adolescenza ho voluto staccarmi da questo mondo e sperimentare altro. Ho fatto metal, rock e gospel, e tutto per cultura personale. A vent'anni poi ho capito che il musical era quello che amavo di più e sono tornato alle origini. Ho scelto quasi subito di insegnare poiché la soddisfazione nel vedere la scintilla creativa in un'altra persona, che replica le tue conoscenze, è molto di più del successo personale.Quello che penso fermamente però è che bisogna avere un retaggio culturale e che bisogna insegnare solo se prima si è fatto. La pratica serve tanto quanto la teoria.
Grazie Stefano per la sua disponibilità, professionalità e chiarezza.
BUONO SHOW A TUTTI!!!!
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