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Interview: FAVOLAH: in un'intervista, l'importanza della letteratura nella vita

By: Feb. 01, 2019
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Dopo lo spettacolo al teatro Don Maria Torregrossa di Acilia, in provincia di Roma, debuttato il 20 gennaio, abbiamo avuto il piacere di intervistare l'autrice del musical FAVOLAH, Eleonora Benedetti, insieme con il regista Martin Loberto, il compositore Emanuele Derosas ed una delle protagoniste - nonché coreografa - Erica Picchi.

  • Quello delle fiabe è un mondo particolare, l'unico forse che accumuna un po' tutte le generazioni. Se i bambini, grazie alle fiabe, riescono a guardare il mondo sotto un punto di vista nuovo, i grandi ricordano con nostalgia di quel periodo in cui tutto era coperto dal velo dell'innocenza, in cui il male veniva sempre sconfitto e il bene trionfava. Come vi è venuta l'idea di mettere in scena le fiabe di Perrault, cosa vi ha spinto a dire "Si può fare!"? E, soprattutto, perché proprio quelle di Perrault?

Eleonora: Il "si può fare" è scattato in noi già due anni fa, quando è nata in me la volontà di modificare il fine della nostra compagnia. I nostri spettacoli sono diventati un percorso di formazione per aspiranti giovani performer che così avevano la possibilità di vivere il teatro vicino a professionisti. E così è nato SinfoniTè, che è stato un successo. Favolah, per noi, è stato ricominciare una bellissima avventura.
Ho scelto le fiabe di Perrault perché, come per SinfoniTè, cercavo un autore che aveva superato traumi o problemi gravi della vita grazie ai libri o alla scrittura. E per Perrault fu così. Io prima di scrivere un copione faccio sempre ricerche accurate a livello storico e sulla vita dell'autore di cui voglio raccontare la storia, e Perrault mi ha chiamato. Anche lui ha voluto gridare al mondo: non abbattetevi, anche se la vita è dura, c'è sempre uno spiraglio di luce.

Erica: Come è nata l'idea delle favole? Non tutti sanno che, qualche anno fa, avevamo messo in scena uno spettacolo, nato per intrattenere un pubblico di bambini, in cui le favole, per via di un incantesimo della regina cattiva, si mescolano e creano scompiglio nel mondo incantato. Ci siamo però resi conto che i genitori, seduti in platea per accompagnare i loro piccoli, si divertivano quasi più dei bambini stessi. Lo spettacolo poi è stato messo da parte, ma non è stato mai dimenticato.
La scorsa estate poi l'idea: perché non ritirare fuori quel vecchio copione che il pubblico aveva tanto apprezzato? Lo abbiamo riletto, ridendo per le avventure di queste povere favole ma poi, con un po' di amarezza, abbiamo realizzato che purtroppo i bambini di oggi non conoscono la maggior parte delle storie più belle. Non sanno che Aurora può essere risvegliata solo dal bacio del principe, chi è cappuccetto rosso? Cos'è il bacio del vero amore? E il gatto con gli stivali? Abbiamo visto davanti ai nostri occhi il mondo del futuro, pieno di bambini con occhi fissi su uno schermo, come se le favole non fossero mai esistite!
Ecco perché abbiamo scelto di parlarne: è grazie alle favole se da piccoli abbiamo imparato i valori più importanti.
Ci siamo poi chiesti: se lo scrittore delle favole più famose non le avesse mai scritte? Ecco il motivo per il quale abbiamo scelto Perrault. Le sue favole non sono altro che metafore della vita, ma hanno bisogno che qualcuno le legga. D'altronde, come dice anche il musical, "ogni volta che si guarda la televisione e non si racconta una favola, un personaggio del mondo incantato viene dimenticato e scompare, ma finché vi saranno bambini, se ne conserverà la memoria".

Martin: Poter dare l'opportunità all'adulto di ricordarsi di essere stato un bambino e a un bambino l'occasione di rivivere davanti agli occhi le favole che, mi auguro, ogni sera gli vengano raccontate prima di andare a letto, ecco cosa mi ha spinto a dire: "Si Può fare". Charles Perrault, seppur autore famoso, non è conosciuto dal grande pubblico; la maggior parte delle persone pensa sia stato Walt Disney ad ideare le favole che magistralmente ha riprodotto su pellicola. Il compito del Teatro, oltre ad intrattenere, è anche quello di istruire gli spettatori, o almeno noi del Team Creativo abbiamo questo obiettivo.

  • Di fiabe ce ne sono tante, delle più variate, ognuna con una morale tutta sua, pronta a far capire a chi legge nel caso di Favolah, a chi guarda - come funziona il mondo. Come avete selezionato le fiabe da portare in scena?

Eleonora: Le fiabe che ho scelto sono contenute in una raccolta pubblicata da Perrault verso la fine del 1600. Contro chi lo criticava, ha deciso di riunire tutte le fiabe in questo piccolo libro illustrato. Io ho scelto quelle più famose per arrivare più facilmente al pubblico e, tra tutte le fiabe ho inserito una favola, Cappuccetto Rosso perché era l'unica "non principessa" e oltretutto perché la sua morale è di un'attualità impressionante. Ho voluto inserire le vere parole scritte dall'autore per rispetto di un'opera di così tanti secoli fa, senza modificarla o "velocizzarla" come spesso si fa oggigiorno, rovinando e svuotando tante opere d'arte. Agli attori ho chiesto di non cambiare neanche una virgola per lasciare in ogni spettatore un po' dell'anima di Perrault. Oggi l'uomo è presuntuoso perché pensa che il "vecchio" sia sinonimo noia, ma noi siamo il risultato di secoli di storia, letteratura e arte, senza i quali il mondo sarebbe nient'altro che sterilità.

Erica: Di favole ne esistono così tante che è stato difficile sceglierle, ma alla fine è la morale che conta! Ad esempio, La Bella Addormentata insegna che il vero amore vince su tutto, ma per trovarlo si deve aspettare anche cento anni se necessario; Cappuccetto Rosso non ha il suo lieto fine, ma insegna che ad essere sprezzanti dei consigli di chi ci vuole bene non si ha un bel finale.
Ogni favola racconta qualcosa di molto vero e profondo e abbiamo scelto di citare le parole vere di Charles Perrault perché lui stesso ha scritto in maniera chiara ed esplicita la morale di ogni racconto.

Martin: Abbiamo voluto essere vicini al grande pubblico, raccontando le favole più conosciute, di modo che ogni persona in platea potesse capire di chi e cosa stessimo parlando, utilizzando talvolta le parole vere scritte da Charles Perrault nei suoi libri.

  • La storia di Polaris ed Altair è stata un'aggiunta grafita alla storia, portando quel romanticismo e quella comicità che, per citare la fata dei viaggi del tempo, l'hanno resa "sognolosa". Come è nata quest'aggiunta tra lo steampunk e il fantascientifico?

Eleonora: Nella raccolta di cui parlavo prima c'è proprio una fiaba chiamata Le Fate, ecco perché ho voluto crearne due tutte mie. Polaris ed Altair somigliano un po' a me e ad Erica: sono pasticcione, romantiche, si impicciano con le parole e ne inventano di nuove, amano leggere e soprattutto amano viaggiare nel tempo. Erica studia storia all'università e pagherebbe oro per poterlo fare. Io e lei, quando viaggiamo, "giochiamo" sempre ad immaginare di essere in un altro periodo storico.
Lo steam - punk è il nostro stile preferito! Quando andiamo a Londra, Camden è tra i luoghi che adoriamo, soprattutto per lo shopping, quindi come altro potevano essere vestiti i personaggi creati da noi?
I nomi Polaris e Altair invece sono nati per far felice mio figlio Federico, che ama tutto ciò che ha a che fare con l'Astronomia.

Erica: Mentre i personaggi delle favole nascono dalla creatività di Perrault, Polaris e Altair fanno parte del mondo incantato e, come il loro mondo, rischiano di morire.
Polaris è una viaggiatrice dimensionale: lei ha visto ogni era del mondo, il passato e il futuro. Può vedere come quella dimensione in cui il futuro è grigio e le favole non sono mai state scritte stia prendendo il sopravvento e stia diventando sempre più reale. È proprio qui che la passione per la storia viene a galla: lo steam - punk è qualcosa che rimanda idealmente ad un'epoca vittoriana abitata da una tecnologia alquanto anacronistica, il cui slogan è proprio "Come sarebbe stato il mondo se il futuro fosse arrivato prima". Perfetto per noi!
La fata, inviata per convincere Charles a scrivere le favole che salveranno il mondo incantato, proviene proprio da lì, da una dimensione in cui le favole stanno morendo, la tecnologia sta vincendo e con il passare degli anni la situazione non può che peggiorare.

Martin: Anche noi, un po' come Perrault, siamo dei sognatori e dei "visionari" talvolta. Immaginare due Fate con i nomi di due stelle che aiutano un autore del passato a ricordare, è semplicemente la nostra Favolah!

  • Anche Favolah, un po' come SinfoniTè, basa la propria trama sulla letteratura e lancia un messaggio forte: i ragazzi non leggono. La tecnologia sta prendendo sempre di più il sopravvento in un mondo che, giorno dopo giorno, mette da parte i grandi ideali comunicati da romanzi eterni per fare spazio ad idee non sempre positive. Leggere, che si tratti di romanzi o di fiabe o novelle o saggi, aiuta ad avere una chiara visione della realtà, ma anche a capire se stessi e a darci il coraggio e la forza necessari per affrontare le situazioni. Cosa scriverebbe Perrault di un mondo del genere?

Eleonora: Siamo noi adulti ad aver allontanato i giovani dalla lettura. Siamo noi che non leggiamo più le favole ai bimbi. Noi i che, invece di metterci vicino a loro e leggere un bel libro, un bel romanzo, una bella storia, li mettiamo davanti alla tv o al cellulare o ai video giochi. È più semplice, meno impegnativo.
Io sono un'educatrice e credo nei libri. Credo nel potere tranquillizzante del loro odore, in quello rilassante del suono delle pagine sfogliate e in quello educativo del silenzio di una biblioteca.
Perrault in un mondo governato dai videogiochi, come lo è il nostro, lotterebbe, come faccio io tutti i giorni nella mia scuola. E per stimolare i ragazzi a leggere e a ritrovare i veri valori scriverebbe una favola dove si narra di uno scrittore famoso che non scrive più perché depresso. Una fata venuta dal futuro lo aiuta a ritrovare la sua fiducia nel lieto fine e lui salva il mondo della creatività scrivendo le sue fiabe più belle. E aggiungerebbe una "h" alla fine della parola, perché questa sarebbe la sua favola più strana, ma più accattivante, più originale e divertente... Ops, ma questa è la trama di Favolah!

Erica: Nell'epoca in cui vive Perrault, il mondo è ancora colorato e ampie gonne di velluto volteggiano a corte a tempo di musica. Ma Charles è focalizzato su ciò che più lo tormenta: vuole essere ricco e vivere negli agi che ha sempre avuto. Ecco perché non vuole scrivere nessuna favola, secondo lui il mondo è grigio e il lieto fine non esiste solo per via della crisi economica che sta vivendo. Quello che non sa è che è proprio lui che può donare al mondo il colore di una favola. È Polaris a portarlo nel futuro e Charles vede con i suoi occhi un mondo davvero grigio, ormai quasi nero. Questo lo spaventa, lo terrorizza al tal punto che finalmente si convince a scrivere e lo fa per quei bambini, nella speranza che alzino le loro teste da quei videogiochi. Vuole far arrivare loro dei messaggi, non necessariamente a lieto fine, ma che siano veri, che li aiutino a comprendere la vita e ad apprezzarla così come si presenta, perché si può trarre insegnamento da qualsiasi cosa ci accada.

Martin: Perrault, se vivesse nel nostro Ventunesimo Secolo, forse scriverebbe una lettera alla sua amata così:
"Cara Polaris,
semmai un giorno ti ritroverai su questo pianeta, ricordati da dove vieni e chi sei. Nel mondo di oggi tutti sono impegnati a non parlare più, ad essere leoni dietro gli schermi e piccoli animali indifesi quando, quelle rare volte, ci si ritrova a guardarsi negli occhi. È come se fossero tutti in sfida per vedere chi sta peggio, dimenticandosi di avere semplicemente l'opportunità di vivere.
Questa occasione non puoi bruciarla con la negatività. Ecco, la gente ha dimenticato che il vero reale obiettivo di questa vita è essere Felici.
Siamo tutti delle stelle luminose che nascono, brillano tantissimo e poi dopo anni muoiono e finiscono in luoghi sconosciuti.
Nessuno di noi è immortale ma pochi se lo ricordano."

Emanuele: Senza dubbio, negli ultimi anni si sono persi un po' di vista alcuni tra i valori più semplici, ma anche più basilari per il benessere della persona. Certo è che noi non condanniamo la tecnologia; in effetti è il suo uso scorretto che spesso crea dei danni.
Non credo che la mancanza di ideali e la distorsione della realtà siano da imputare alla tecnologia. Favolah, non per ultimo, si avvale di soluzioni hi-tech per tanti aspetti. Credo però che le ultime generazioni abbiano un rapporto spesso sbagliato con questa, cercando di introdurla all'interno delle proprie vite in maniera diseducata, generando poi anche il calo della lettura, l'assenza di fantasia creativa, la morte del "sogno". Questo sì, sarebbe sicuramente condannato da Perrault. Necessitiamo di un forte processo culturale. Qualcosa che possa riavvicinare i ragazzi alle fiabe, al "bene che trionfa sul male", alla speranza nel lieto fine. Ed è questo che invece Favolah cerca di trasmettere.



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